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mercoledì 9 agosto 2023

Su per gli Appennini - Italia Coast to Coast in bicicletta

Campagna marchigiana, 21 luglio 2023, mezzogiorno circa

Giallo, marrone, azzurro. I colori dell'estate si estendono a perdita d'occhio sulle colline tra Osimo e Treia. Su queste terre massacrate dal sole che oggi infligge 39 gradi all'ombra non si muove anima viva.
In realtà, un occhio attento potrebbe notare una macchia di colore in questo bucolico paesaggio, un ciclista masochista intento a trascinare una bicicletta colorata e stracarica su per un ripido sterrato.
I copertoni scivolano sulla ghiaia, il cuore batte forte per lo sforzo, gocce di sudore cadono copiose come dal bucato appena steso, santi e madonne si sentono invocare fin nel più alto nei cieli.
Il nostro eroe si ferma dopo pochi metri, capochino, ansimando. Quali gloriosi pensieri animeranno la sua mente avventurosa?
Lo sguardo, piuttosto provato, cade sulla borraccia, ormai quasi vuota. Poi vaga all'orizzonte, cercando chissà cosa. Infine riparte, deciso, coprendo in alcuni minuti la distanza tra lui e l'ombra dell'unico albero in vista.
Crolla a terra sotto il velo amico delle foglie e nuove generose invocazioni che preferiamo non riportare. Un breve riposo è sufficiente a rimettere in funzione il cervello. L'analisi della situazione è chiara, per quanto molto insoddisfacente: che si vada avanti o indietro, non c'è verso di sfuggire a numerose ripide salite sotto la candela. Proprio in quel momento, mentre la mente cerca di volare in altri lidi, gli occhi incontrano un prezioso regalo tra le amate fronde: frutti! Gocce d'oro! Mature!
La bocca incontra il succoso nettare, più e più volte, fino a quando il corpo si sente rinvigorito, il cuore riconciliato con la Vita.




Agriturismo la Castagna, Fiuminata (MC), sabato 22 luglio

Terzo giorno di Coast to Coast. Finalmente un posto verde dove rilassarsi, addirittura con una piscina. Sono arrivato prima delle 13 tagliando le cime facendo la statale, comunque piuttosto panoramica.

E' stato un colpo di fulmine. Qualche mese fa ho trovato in libreria questo libro di Simone Frignani, "Italia Coast to Coast in bicicletta" e ho subito capito che non potevo non farlo.
Così ho cominciato ad affrontare le salite dei Colli Euganei per prepararmi. Superato il Roccolo in una giornata di gran caldo, mi sono sentito che potevo andare. Sono partito il 20 luglio alle 8:09 da Padova, io e la bici caricati su di un regionale.
Arrivato ad Ancona, ho cominciato a familiarizzare con il GPS. Anche se mi porta su delle salite gratuite che avrei evitato volentieri, la traccia mi mostra una splendida parte della città che ignoravo e ammetto che questo giro sposta significativamente la mia opinione sulla sua bellezza.
Uscito dal centro urbano cominciano le salite, anche piuttosto impegnative; ma c'è entusiasmo nel motore e si va.
Dopo forse un'oretta arrivo alla svolta di Portonovo. Potrei tirare dritto verso Osimo e risparmiarmi un bel pezzo di strada e di fatica; ma la vista è spettacolare, la voglia di fare il bagno anche.
So già che me ne pentirò: la strada scende di brutto serpeggiando nella pineta. Cerco di non pensare al ritorno e di godermi quella fantastica discesa ma non ci riesco del tutto. Ululo, per scaricare tutte le emozioni.
Vado fino in fondo seguendo il GPS, trovo una spiaggia organizzata, gonfia di ombrelloni fino a un metro dal mare. Cosa faccio con la bici e tutta la roba? La parcheggio alla bell'e meglio, mi porto i soldi, il telefono e vado in acqua così come sono, in mezzo ai ragazzi, giusto un paio di minuti per sciacquarmi via il sudore; ma è è stupendo. Fighissimo.
La salita è davvero ripida. Scendo e vado a piedi per la prima volta ma anche così non è affatto facile arrampicarsi. Il cuore mi batte all'impazzata. Il paesaggio è meraviglioso ma pensieri ansiosi mi assalgono, il dubbio che il fisico o la bici o le borse non reggano.
La strada sale e scende, mi prendo il mio tempo e mi avvicino alla meta. Invece il chilometro e mezzo di salita con il 25% di pendenza che sale a Osimo mi stronca. Solo le ultime forze mi permettono di arrivare al B&B La casa delle prugne.
Piazzo la tenda, doccia panoramica all'aperto che mi rinvigorisce e invito a cena Margherita, che ha una pizzeria gourmet a Bagnocavallo di Ravenna.

La mattina successiva il gallo mi aiuta ad alzarmi alle 5 e alle 6:50 sono in strada. E' la tappa più impegnativa, Osimo - San Severino Marche, 70 km per oltre 1100 metri di salita a 39 gradi.
Si inizia bene, con una lunga discesa su facili sterrati in mezzo a campi di girasoli. Poi i ricordi si fanno confusi: salite interminabili su sterrati massacrati dal sole e lontani dalla civiltà. Un albero di gocce d'oro. Una signora con un bambino che mi offre una bottiglia d'acqua.
In qualche modo arrivo a Treia verso le 13:30, mangio qualcosa a un ristorante in centro. Mi crolla la testa ma non riesco a dormire sulla panchina.
Telefono per prenotare il B&B e riparto nel caldo del pomeriggio. Faccio chilometri spingendo la bici con una fatica disumana. Arrivo a San Severino verso le 18 e mi fermo dal meccanico a far sistemare la bici. Mi cambiano l'olio dei freni e sistemano i raggi. La nota positiva è che mi prestano una bici elettrica per salire in paese. Ceno alle 2 Torri dove le ristoratrice mi informa che molti ciclisti hanno rinunciato al viaggio a causa delle fatica o del caldo. La notte al B&B Locanda dei Comencini è lunga con i suoi 31 gradi.
Stamttina mi sono fatto guidare da Google Maps, ho saltato una montagna (e quasi 10 km di salita su sterrato) passando dalla statale. I campi di girasole hanno lasciato spazio a fitti boschi, mi piace molto. Supero Pioraco e Fiuminata e mi sono arrampicato su fino a questo agriturismo immerso nel verde.
Adesso sto sorseggiando il rosso della Castagna: picchia! Oggi posso davvero dire che è cominciata la vacanza!




Domenica 23 luglio Fiuminata - Assisi

Mattina leggermente ansiosa. Alla fine la salita è lunga ma graduale. Seguo ancora Google Maps e vado per la statale, che comunque passa in mezzo al bosco ed è poco trafficata. Arrivo a Nocera Umbra verso le 11. In centro c'è una manifestazione di motociclisti, il cui senso profondo sembra quello di farsi delle foto con ragazze immagine poco vestite e nemmno così carine. Mangio il mio panino del giorno prima al parco, vicino a me gioca una bambina bionda di 3 anni che si chiama Nami.
Passo dal supermercato a comprare succo, frutta e dell'attak per i sandali che si sono aperti. Funziona perfettamente!
Riparto verso Assisi seguendo Google Maps e mi porta per una stradina nel bosco che segue un torrente d'acqua gelata. Non resisto e alla prima opportunità parcheggio e mi ci butto dentro: il paradiso del ciclista o, almeno, il mio.
Mi rimetto in pista ma mi accorgo che non c'è rete. Avevo staccato Maps per risparmiare batteria e ora non c'è verso di farlo ripartire. Al primo bivio mi rendo conto che non posso continuare alla cieca. Studio il GPS e scelgo una rotta che si avvicina a quella della traccia originale. Mi arrampico dubbioso su salite ripide, strette e paesaggi incantati. Spingo la bici a piedi, inoltrandomi nel bosco tra nugoli di farfalle. Finalmente inizia la discesa e mi butto giù a pesce, a volte lasciandomi andare, a volte con la mani violentemente attaccate ai freni. La via è entusiasmante, grido, canto, yu-huuu! E' una discesa mozzafiato, meravigliosa.
In fondo, Assisi è in vista.
Trovo posto all'Ostello Fontemaggio e mi regalo un giro turistico della città, per qualche motivo sempre emozionante, in particolare la chiesa di San Francesco. Mi godo il tramonto alla Rocca Maggiore e poi a cena. Faccio ancora fatica a mangiare ma sento che il giro di oggi ha cambiato tutto, sono molto più fiducioso.



Lunedì 24 luglio Assisi - Todi

Giornata difficile: salite ripide per Gualdo Cattaneo che mi costringono a piedi, sterrati sassosi e scivolosi e tanto caldo a 39°. La salita finale è meno peggio delle altre, la affronto tutta in sella ma con gran fatica.
Il corpo mi dice che è il momento di fare una pausa.
Mi fanno male le palle e i muscoli delle gambe sono indolenziti, forse serve più potassio e magnesio. Mi sistemo, mangio frutta, prosciutto e gelato e svengo sul letto.
Poi, sospinto dal senso di libertà che sento, chiamo amici che non sento da anni. Racconto del viaggio, della scuola, mi riportano all'esperienza del viaggio sciamanico dove o ti trasformi o muori. Infine mi arriva un invito in Liguria.
Ceno a cinghiale e vino. Domani pausa, riposo, progetti. Massaggi?



Martedì 25 luglio Todi

Guardo il crepuscolo di Todi da Parco Oberdan.
C'è una brezza piacevole. Ha rinfrescato, pure troppo, considerando che mi sono impongato per essere carico domani.
Stamattina ho fatto vedere la bici da Tuder Bike e con 10 € me l'ha messa in bolla. Sono contento, perché sapere che la bici è a posto, soprattutto sulle discese, mi dà una certa serenità e mi permette di godermi la festa di questo viaggio.
Poi ho organizzato un massaggio alla Fisioterapia Palomba. Per 40 € mi hanno fatto davvero un bel lavoro, specie sulla contrattura del polpaccio destro e sul quadricipite sinistro affaticato. Aldilà dell'aspetto professionale è stato un'esperienza davvero gratificante dal lato umano. La ciliegina sulla torta è la maglietta azzurra che mi regalano e mi sta perfettamente.
Al ritorno la scelta è tra aspettare un'ora il bus o tornare a piedi. Ovviamente m'incammino. Piove, anche bene a tratti.
Il salitone forse compromette l'effetto massaggio. Speriamo di no.
Gelato, doccia, riposo, cena, messaggi, esplorazione, tramonto. C'è ventone adesso.



Mercoledì 26 luglio Todi - Orvieto

Giornata fresca e fa la differenza. I primi 20 km di salita si va su serenamente tanto che ipotizzo di arrivare a mezzogiorno. Mi fermo a Marre a mangiare e a chiacchierare con i due ciclisti di Vicenza. Hanno bici serie, tre piccole borse e B&B prenotati da due mesi, per cui le loro prenotazioni si sovrappongono alle mie.
La discesa è splendida ma troppo breve. Seguo il lago poi ho la fregatura della strada interrota causa rally. Torno indietro e mi trovo sulla statale con i camion che sfrecciano e mi fanno il pelo.
Tiro come un dannato per togliermi dalla situazione e anche perché la strada lo permette.
Arrivo a Orvieto bassa, mi fermo giusto alla trattoria prima della funicolare, che avrei perso se avessi seguito GMaps.
Appuntamento in centro con Giulia con l'appartamento de Luxe che non so ancora quanto costa. Solito svenimento, lavaggio vestiti, giro per Orvieto fino al Pozzo di San Patrizio.



Giovedì 27 luglio Orvieto - San Quirico

La giornata parte male con una brutta salita ripida pure in mezzo alla vegetazione che mi fa tirare giù le stelle. Poi la strada procede bene.
Inizia una discesa spettacolare fino a Bolsena. Cerco di schivare gli sterrati aggiungendo qualche chilometro di asfalto e mi muovo nella campagna, tra nuvole bianche, cipressi, campi dorati e boschi.
Alle Grotte di Castro incontro i vicentini e mi fermo con loro per un'ora e mezza. Ripartiamo tutti insieme, senza che io sia riuscito a trovare un letto a Sorano. Proseguo schivando gli sterrati e durante una pausetta a Onano, trovo posto a San Quirico, all'Albergo Ristorante Agnelli.
Nonostante il carico e la mia bici da città ci arrivo prima dei vicentini. Li saluto un'ultima volta e salgo in camera a svenire sul letto.
La sera scende una piacevolissima frescura. Trovo curioso che proprio il giorno che non trovo posto dove mi aspettavo faccio la cena migliore da quando sono partito.
Poi esco a guardare il paese: mi entusiasma questa miscela di bellezza, eccellenza, povertà, abbandono. Una gatta allatta i cuccioli in mezzo alla strada. E' la verità della vita così come è, con tutte le sue contraddizioni.
Mi viene in mente la storia di Coelho, del giro del palazzo con il cucchiaio d'olio in mano.



Venerdì 28 luglio San Quirico - Manciano

Giornata impegnativa: tanta salita per schivare gli sterrati. La mattinata è nuvolosa poi il cielo si apre. Posti spettacolari come Sovana.
Messaggi dalla Liguria che danno il via libera, ma solo per poco.
Belle le Terme di Saturnia, ci passo un'oretta e mi fa sentire meglio.
Salitone finale con tappa panino alla finocchiona memorabile e gambe che prima nicchiano e poi vanno.
Trovo da dormire da Florenzio, una casa privata a Manciano, dove faccio in tempo a lavarmi prima di svenire a letto.
Vado verso il paese, prendo una fetta d'anguria al supermercato e la mangio nel parcheggio. Giro per il centro e mi sento incredibilmente sereno, sicuro, tranquillo, spero di ricordare questa sensazione a lungo, magari per sempre.



Sabato 29 luglio Manciano - Orbetello - Carasco

Sveglia presto e alle 7:30 sono già in strada. Aggiro ancora lo sterrato, chissà se guadagnando qualcosa o no. La prevalenza della discesa aiuta ma la stanchezza si fa sentire, soffro le salite. Oltre alla stanchezza fisica c'è anche quella mentale. Ho pagato un prezzo troppo alto e ora ho bisogno di tempo prima che ritorni la voglia.
D'altra parte sui saliscendi la maggior parte del tempo si passa sulla salita, dato che si va nettamente più piano che in discesa.
Da lontano comincio a vedere il mare ed è una bella carica. Supero Capalbio e arrivo alla Riserva naturale Duna Feniglia, una pineta spettacolare lunga forse una dozzina di chilometri, accessibile solo a piedi o in bici, da cui si può giungere a spiagge selvagge e isolate. Una meravglia!
Faccio il bagnetto, poi pedalo fino a Orbetello, il termine ufficiale della traccia del Coast to Coast. Mi concedo una insalatona e vado in stazione per prendere un regionale che mi porti a Nord. Raggiungo Pisa, poi La Spezia, infine Chiavari verso le 19, dopo aver imprecato sugli scalini delle stazioni liguri.
I primi campeggi che sento sono tutti pieni e sale un filo d'ansia. Al Camping Paradiso di Carasco invece posto ce n'è. Ci sono alcuni chilometri da fare ma sto bene, la temperatura è buona: accendo GMpas e mi lascio guidare dalla sua voce ormai familiare. Seguo la ciclabile del Tella fino in fondo a una valle verde e fresca e trovo il campeggio. Pianto la tenda, sciacquo i vestiti, mangio i resti del cibo, due prugne e il panino della mattina.
Il cielo è nuvoloso, vado alla reception a chiacchierare, capire il posto, mangiare un gelato. Osservo, ascolto, racconto. Mi assicurano che non pioverà, perché le nuvole non vengono dal mare.
Verso le 22 parte la musica, ho beccato proprio il giorno giusto. In questo luogo di famiglie i bambini sono i primi a scendere in pista. Nemmeno io riesco a resistere a lungo e seguo il flusso con piacere. Mi scateno fino quasi a mezzanotte poi vado verso il lettone. La combo materassini (3) e sacco a pelo è decente, parto subito.
Fino alla pioggia: le gocce cadono pesanti sulla tenda, una alla volta; poi sempre più forte, inizio a preoccuparmi della tenuta delle cuciture ma la tenda tiene e giustifica la spesa fatta, passerò tutta la notte all'asciutto.
Verso le 4:30 inizia a farsi sentire il gallo; un'ora dopo gli uccellini. E' un lento fantasmagorico dormiveglia. Alle 7 partono le campane ma gli occhietti restano chiusi fino alle 7:30.
Esco in una mattina umida e nuvolosa. Uso il costume per asciugare la tenda e funziona bene. Alle 9:30 ci sono gli amici ad aspettarmi fuori.



Domenica 30 luglio Carasco - Cogorno - Chiavari e dintorni

Ci muoviamo su strade strette e ripide fino a Cogorno, in questa casa di pietra, legno, natura e ricordi, dove il tempo sembra più lento e più intenso.
Scendiamo al mare rischiando la vita (soprattutto degli altri) a ogni curva, andando verso est, dove la natura è più selvaggia e Fincantieri costruisce le sue barche.
C'è vento, sole, nuvole, una spiaggia stretta di sassi che scende subito profondamente. Ci sono rocce mezze in ombra, bagnate dalle onde.
Questo mare e queste rocce, l'asprezza e la bellezza, mi riportano continuamente a Tenerife.
Gioco con le onde, come una volta, mangiamo focaccia pasqualina e acciughe fritte. Riposo pomeridiano, passeggiata sulle colline, cena con focaccia.



Martedì 1 agosto Carasco - Padova

Giornata tranquilla. Colazione a Cogorno, mare a Chiavari. Giro in centro, gelato, focaccia, pranzo a Cogorno sotto la vigna.
Ho conosciuto un'insegnante che, oltre a matematica, fa i cerchi sacri con i ragazzi delle medie. Ricca esperienza.
Il tardo pomeriggio siamo alla bocciofila, bagno, troppo spritz, chiacchiere. Cena a Lavagna, incontri, saluti, abbracci.
Torno in campeggio troppo tardi per pagare, dovrò aspettare le 8 del mattino e riconfigurare tutto il viaggio.
Riprendo un'ultima volta la ciclabile del Tella fino alla stazione di Lavagna dove nemmeno un regionale ha il trasporto bici. Volo alla stazione di Chiavari dove trovo un unico treno, un intercity dove, per arrampicarmi sugli scalini altissimi e la porta stretta con la bici in spalla, per poco non faccio una spiacevole caduta.
Tra le maledizioni un unico turista inglese viene ad aiutarmi ad alzare la bici e a sistemarla sul gancio. Cambio a La Spezia, Parma, Bologna, eccomi una ennesima volta a Padova.
Pedalo verso casa, felice di avercela fatta. I primi giorni di questa avventura ho davvero toccato il limite delle mie forze e mi sento fortunato e grato al mio corpo e al mio spirito per avermi sostenuto per tutto il tempo in cui c'è stato bisogno. Non è stato poco, non era scontato. La prossima volta studierò meglio le mappe. Sono qui, ancora una volta.

venerdì 27 gennaio 2012

e i viaggi (con un minimo di avventura)

Nicola Bertin nasce, avventurosamene parlando, nell'estate del 1991 quando, seguendo l'impulso del Martin, si imbarca nell'impresa che segnerà per sempre il suo rapporto con l'Avventura: Il giro della Corsica in bicicletta. 18 giorni di fatica, di sole, di mare, di paesaggi mozzafiato, di pasta scotta senza sale, di discese a rotta di collo e salite stringendo i denti, che spero di avere un giorno il tempo di raccontare.

Dopo questo felice preludio il nostro rinnega la ricerca dell'avventura per dedicarsi inutilmente a quella dell' altra metà del cielo. Vengono quindi battute le spiagge di mezza europa, Jesolo, Rimini, Barcellona, Parenzo, fino a quando nel marzo 1997, nella natia Padova, non comincia la storia con Fabiola. Appagato nella carne, ma tarpato nelle ali dello spirito, seguono una serie di simpatiche vacanze marine (Jesolo, Croazia, Toscana, Marche, Puglia) fino al 2000, quando la storia finisce.
Degni di nota sono nel 1993 il campeggio libero a Bibione con Asto, Paolo, Gianlu e Cecca, e il ritorno avventuroso dal primo viaggio a Barcellona con il Martin e mio fratello.

Con il cuore e lo spirito liberi il 2001 è un anno esplosivo: si parte con il Capodanno a Praga, con Asto e Frenk, Gianlu e Laura e il fido Martin. Si passa poi allo sportivissimo weekend al Parco dell'Orecchiella in Garfagnana con il Martin, il Petroz e il Cayman (vedi
Noi, uomini duri (Garfagnana 2001) ). C'è poi il Fandango sopra il lago di Como, assolutamente da ricordare, con Olo, Cayman e il Martin. In estate, con Asto(n) Martin e il Jaguar Team i 4000 km nel Nord della Francia (vedi Cesso Team, il ritorno (Bretagna e Normandia 2001) ).

Il 2002 è un anno importante, dopo 9 anni di studio, lavoro, gruppi e animazioni varie finalmente arriva la laurea. Un occasione buona per mettersi finalmente a imparare l'inglese (vedi Celtic Cesso Team: the animal farm (Irlanda 2002) ).
Come premio poi per la laurea, ma anche per sfuggire all'angoscia del non-lavoro, all'inizio del 2003 c'è poi il famoso viaggio in Costarica con il Petroz (vedi e il Costarica (gennaio - febbraio 2003) ), che segna sicuramente un passaggio importante.
L'estate poi, con il lavoro appena trovato e gli ultimi soldi prelevati dal conto in banca appena chiuso c'è, sull'onda nella nostalgia della Corsica, in viaggio in solitaria in Sardegna, ancora in bici (vedi e la Sardegna in bici (Agosto 2003) ).

Il 2004 è l'anno di una nuova storia, dalla cena del corso d'inglese compare Ingrid, che però, facendo il medico, lascia - apparentemente - spazio al nostro eroe. L'estate, insieme a Gianlu, Riccio e Raffa, il nostro va in moto a trovare Andreas ad Atene, avendo così modo di assistere alle Olimpiadi e a diversi spettacoli del panorama greco.
Nostalgico del Costarica e con la donna senza ferie, il nostro ne approfitta per fare un giretto in Madagascar con il Petroz e il Martin (vedi e il Madagascar (Capodanno 2005) )
Alla fine di giugno è ancora tempo di Sardegna con Ingrid, stavolta a cavallo della mitica KLE 500.

Nel 2006 l'amore porta il nostro per la prima volta in Sicilia in compagnia di Simone. Il 2007 si riparte in moto con Daniela destinazione Francia, Avignone, Provenza, Costa azzurra, Gorge du Verdon.
Il 2008 è l'anno del cambiamento, dopo l'incidente in moto la Red Donkey porta Daniela e il nostro in Croazia, Montenegro e infine la spiritualità di Medjugorje.

Il 2009 è un anno di sofferenza, di preparazione e di lavoro interiore di fronte alle enormi sfide che lo aspettano. Il 2010 infatti il mitico, accompagnato prima da Mauro e Matteo, e poi dai fratelli, mette sotto le ruote della Red Donkey quasi 20.000 km, dall'Italia fino alla Mongolia e ritorno, ne il Mongol rally 2010.

Da questa esperienza incredibile, durissima e fantasmagorica il nostro prende la decisione di affrontare l'avventura delle avventure. Lascia casa, lavoro e amici e parte da solo con un biglietto di sola andata per la Nuova Zelanda.
Dopo 3 mesi è il momento di spostarsi in Australia e poi verso il Sud Est Asiatico per un anno esatto di mirabolanti avventure che lo porteranno a trovare sistemazione sull'isola di Tenerife. La sistemazione diventa residenza durante la quale il nostro coglie l'occasione di visitare buona parte della Spagna fino al fatidico incontro con il libro di Arnold Mindell Essere nel Fuoco che lo porteranno in giro per ecovillaggi e comunità per imparare l'arte della Facilitazione. Infine il ritorno in Italia, per frequentare la scuola di Arte del Processo e Democrazia Profonda.

domenica 23 gennaio 2011

Living in New Zealand

Nicola Bertin se n'è andato. In Nuova Zelanda. Ma la notizia vera è che NON c'è una data di ritorno.
Il 19 aprile, per soddisfare l'immigrazione neozelandese, c'è un biglietto d'aereo con destinazione Sidney. Fino al 18 febbraio, a partire da domani, c'è il corso d'inglese alla Worldwide english school.
Non c'è altro, solo una lunga pagina bianca da riempire, il mare sconfinato e aperto della libertà da attraversare.
I motivi sono gli stessi del Mongol Rally, il desiderio profondo di un miglioramento personale, di affrontare le proprie paure, sentirsi un cittadino del mondo, imparare ad ascoltarsi e a conoscere i propri desideri.
Il Mongol Rally, nella sua durezza e nella sua bellezza, è servito a capire quanto ho bisogno di imparare ad occuparmi di me stesso, dei miei desideri, dei miei limiti, e che va fatto subito, qui e ora, senza indugiare.
Così ho mollato tutto e sono arrivato a Auckland.
La cosa straordinaria del viaggiare è che incontri persone come te, persone con la pelle di un altro colore o con gli occhi di un altro taglio che cercano cose simili alle tue e provano sentimenti che assomigliano ai tuoi e ti chiedi com'è possibile che i tuoi nonni con i suoi nonni abbiano cercato di ammazzarsi a vicenda.
E' solo stando a casa a guardare la TV, che alimenta le paure e le differenze, che capisco come questo sia stato e sia ancora possibile.
Ma intanto prendo la mia penna e cerco di scrivere la mia storia, che sia intarsiata da fili d'oro e d'argento.

venerdì 2 luglio 2010

e il Mongol Rally 2010

Nicola Bertin si imbarca nel Mongol Rally.
Un'avventura seria, di quelle che ci deve perdere un sacco di tempo a prepararle.
Con la mitica Punto, per un mese andrò a spasso attraverso mezzo mondo.
Balcani, Turchia, Georgia, Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakistan, Russia e, infine, Mongolia.
Come al solito, il fascino dell'avventura.
Ma stavolta c'è qualcosa di più.
Consapevolezza.
Voglia di mettersi in gioco, di affrontare le proprie paure.
Di togliere alla mente l'illusione del controllo, abbandonarsi allo scorrere della Vita.
Ci sono 2 anni di percorso dietro questo viaggio.
Può voler dire poco, perché l'uomo vecchio è sempre in agguato, ma ho grande fiducia.
E, comunque, non ci sono altre strade.
Se vuoi metterti in gioco, devi metterti nelle condizioni di metterti gioco.
Crearti le difficoltà da affrontare, prepararti.
Poi, forse, non avrò il coraggio. Forse non ce la farò tutte le volte.
Ma non è stando a casa, nei recinti che conosco a memoria, che farò di me una persona migliore.
Se vuoi darmi una mano, prega per me, che questo viaggio sia una potente occasione di crescita e di cambiamento.

Buon viaggio.
Buona vita.

sabato 5 gennaio 2008

Noi, uomini duri (Garfagnana 2001)

La BOEEEERDIN Press & Company (Nicola Bertin per Google e i suoi amici) vi offre :

L'ultima avventura del Cesso Team


Prologo :

il BOEEEERDIN, il MAAARTIN e il PETRUZ decidono di passare Pasqua e Pasquetta esplorando la Garfagnana in moto, dormendo sotto le stelle.
Sennonché tra il polso di MAAARTIN, tra l'ammortizzatore della moto di PETRUZ, tra il tempo che si preannuncia non troppo amichevole, si decide di andare in macchina. Allora come quarto incomodo scende in campo CAYMAN, che subito si informa sulle cime della Garfagnana. Il giorno dopo, quando MAAARTIN incontra il BOEEEERDIN gli fa : "ho una notizia buona e una cattiva."
"Qual'è quella buona ?"
"Viene il CAYMAN."
"E quella cattiva ?"
"Viene il CAYMAN"

La storia :

Intanto le previsioni del tempo gettano infausti presagi sulla due-giorni dei nostri.
In questa situazione essi si danno appuntamento a casa del BOEEEERDIN alle 6.30 di domenica 15 aprile dell'anno del Signore 2001. MAAARTIN non sente la sveglia e siamo già tutti mezz'ora in ritardo. Il sole strizza l'occhio agli eroi.
Via, si parte, rigorosamente x strade statali, ufficialmente x ammirare la campagna veneto-emiliana ma in realtà x risparmiare i soldi dell'autostrada. Dopo 5 ore di semafori, curve e controcurve i nostri giungono all'Accoglienza Visitatori del Parco dell'Orecchiella, a 1200 m di altezza. Già il sole se n'è andato. Il cielo è coperto e un vento gelido spazza la zona.
I nostri raccolgono il minimo indispensabile, come la colomba pasquale penzolante dallo zaino del BOEEEERDIN, e si avventurano sul sentiero Airone3.
Dopo un'oretta di cammino gli intrepidi si concedono una sosta x rinfrancarsi : pan biscotto, salame e cabernet. Pieni di alcool, affrontano il sentiero che ora si fa più duro, e la neve che comincia a diventare importante. Per attenuare il riverbero della pur timida luce su quelle distese di neve, BOEEEERDIN e CAYMAN indossano gli occhiali scuri.
Cammin, cammina, gli eroi incontrano i primi tratti di neve ghiacciata. Il BOEEEERDIN comincia a incontrare qualche difficoltà dato che, avendo sottovalutato lo spirito di masochismo del CAYMAN, si è portato gli scarponi slick, che non gli danno il grip necessario ad affrontare i ghiacciai. Per nulla spaventato, il BOEEEERDIN mette in campo la sua proverbiale tenacia e il suo coraggio, e affronta caparbiamente uno x uno questi tratti pericolosi, fino ai 1800 m della Bocca di Scala.
Nuvoloni densi e scuri invadono ormai il cielo. I nostri decidono di accamparsi nei pressi di un rifugio chiuso, dove però trovano un muro che li ripara dal vento gelido, un caminetto e un fazzoletto di prato privo di neve dove piantare la tenda.
Mentre BOEEEERDIN sorveglia la situazione, MAAARTIN, CAYMAN e PETRUZ raccolgono legna dal faggeto appena sotto di loro. Intanto BOEEEERDIN con il fornello marocchino fa sciogliere la neve nella pentola per cuocere la pasta.
Tra il fuoco scoppiettante e il pastone al pesto gli eroi ricominciano a vivere. Restano incollati al camino fino alle 23, dove bevono, fumano, mangiano e sparano cazzate a raffica. PETRUZ è già in coma da un po', MAAARTIN brucia mezzo scarpone sul fuoco, BOEEEERDIN i guanti. Finalmente i nostri decidono di andare a dormire. L'orologio del PETRUZ segna -2°C. Abbigliamento del BOEEEERDIN x la notte : 4 magliette militari, 2 di lana con le maniche lunghe, dolcevita, maglione di cotone, giacchetta senza maniche, maglione di lana grosso, doppia calzamaglia, doppio paio di calzini, jeans, sciarpa, berrettone ROSSIGNOL, giacca, coperta e sacco a pelo ESTIVO di SCORZA, spesso 5mm...
Inizia la notte. Accanto al PETRUZ, il BOEEEERDIN sogna di essere in segheria. Del MAAARTIN, spunta fuori solo il naso. Ogni tanto qualche spiffero gelido fa risvegliare gli intrepidi. Quando si risveglia il PETRUZ, finalmente si può ascoltare il rumore del silenzio, e qualche animale notturno.
A un certo punto qualcuno avverte un ticchettio sinistro sulla tenda : nevica. Troppo stanchi x esultare o per esercitarsi nell'arte fine della saracca, gli eroi continuano imperterriti il loro meritato riposo.
Primo a svegliarsi, BOEEEERDIN valuta la situazione : i lati della tenda sono tutti bagnati, e l'acqua comincia a filtrare. I sacchi a pelo di CAYMAN, PETRUZ e MAAARTIN sono tutti bagnati lì dove sono stati a contatto con la parete della tenda. C'è poi un'amara verità : avendo eroicamente portato all'asciutto gli scarponi dei compagni d'avventura, il BOEEEERDIN ha dovuto lasciare i suoi accanto alla tenda, e ora se li ritrova zuppi.
Sotto la neve che continua a scendere, variando solo per intensità, i nostri fanno colazione, preparano gli zaini e si avviano sulla strada del ritorno. Il BOEEEERDIN, sprezzante delle difficoltà, indossa felice i suoi scarponi annacquati e si avvia in testa al gruppo. Attraversano faggeti spogli ricoperti di neve in un'atmosfera un po' spettrale e quantomeno suggestiva. Scendendo, la neve diventa pioggia ma per fortuna sempre più fine, fino a quando smette.
A un certo punto il CAYMAN, che la mattina aveva rinunciato di malavoglia a scalare Monte Vecchio, propone di attaccare almeno la Pania di Corfino. BOEEEERDIN obietta che non ha senso scalare un monte quando poi non ci si vede a un palmo di naso. Il gruppo allora si divide. CAYMAN e MAAARTIN vanno alla Pania, PETRUZ e BOEEEERDIN proseguono lungo il sentiero, concedendosi una ricca sosta di contemplazione in mezzo al bosco. Giungono all'auto alle 14.45. CAYMAN e MARTIN giungeranno un'ora e mezza più tardi, dopo aver inondato di residui organici il bosco. BOEEEERDIN si contenterà invece di infestare il bagno dell'Accoglienza Visitatori.
Gli eroi decidono di fare uno spuntino sulla terrazza panoramica di Corfino, dove riescono stranamente a farsi notare, con rumori e odori molesti.
Infine ripartono direzione Padova, scegliendo un itinerario di strade sempre più interne, che gli permette di rimirare le bellezze della campagna veneto-emiliana.
Tra S.Giovanni e Cento passa alla guida il BOEEEERDIN, imprimendo nuovo ritmo al viaggio, dato che il MAAARTIN è ormai alla frutta. Infatti infila come birilli un paracarro dopo l'altro, con la consueta eleganza.
Appena passato Monselice i compagni d'avventura celebravano la loro cultura dibattendo sulla questione palestinese, e sulla questione della Giustizia. Il CAYMAN esprimeva tutto il suo sdegno nei confronti delle forze dell'ordine. Proprio in quel mentre il paracarro davanti alla Punto degli eroi frena, rallenta, riparte, frena, si ferma in mezza alla strada. Il BOEEEERDIN, con la consueta prontezza, lo infila senza esitare, ma appena passato, i caramba lo spalettano con energia. BOEEEERDIN accosta incerto. "Ce l'avevano con me ?" I compagni lo esortano a ripartire. Subito un lampeggiante azzurro chiarisce le idee. MAAARTIN espone tutta la sua esperienza nei rapporti con le forze dell'ordine, istruendo il BOEEEERDIN. PETRUZ allora incita il MAAARTIN ad occuparsi lui della questione. MAAARTIN allora interviene con la sua esperienza e la sua saggezza, al che il caramba gli fa : "non so se tornate a casa stasera, ragazzi...". MAAARTIN zittisce all'istante. BOEEEERDIN, vista la mala parata, prende in mano la situazione e si immola sull'altare della patria, e patteggia con il caramba una multa x attraversamento di linea continua. BOEEEERDIN avrebbe preferito almeno una guida pericolosa, come trofeo da vantare sulla patente, ma due conti con il portafoglio vuoto lo fanno desistere dal partire sgommando dal covo dei caramba.
BOEEEERDIN prosegue fino a Padova facendo bene attenzione a non superare oltre i 5 Km/h il limite consentito e infila soltanto un paio di rossi x dispetto.
I reduci sono a Padova verso le 22.30. Tappa da PETRUZ, poi CAYMAN (che lascia la tenda nella macchina del MAAARTIN), infine BOEEEERDIN, il quale trova la casa infestata da adolescenti intenti in un festin bueo. Pensieri criminali sfiorano le menti ormai annebbiate del MAAARTIN e del BOEEEERDIN. Poi, mentre MAAARTIN se ne sta andando, arriva il caro amico LUCIANO, che ha voglia di chiacchierare. Stoicamente, il nostro trova la forza per non mandarlo a cagare immediatamente, e gli concede ben 15 minuti. A quel punto il BOEEEERDIN, esausto (e anche un po' incazzato) spazza a forza di calci nel culo il piano superiore, si infila in doccia e poi a nanna.

Epilogo :

La mattina, appuntamento del BOEEEERDIN con la bilancia : -1.5 Kg.
Buono, BOEEEERDIN.
Infine, ora che finalmente vede il sole, mette ad asciugare tenda, sacco a pelo e ammennicoli vari.

Vostro amatissimo BOEEEERDIN

e la Sardegna in bici (Agosto 2003)

Da molto tempo ormai BOEEEERDIN (l'emerito Sig. Nicola Bertin) non rilascia interviste sulle sue attività.
Eppure queste procedono.
Ma, proprio come Paperinik, il nostro ha una seconda vita da proteggere, una facciata Paperinesca da conservare e portare avanti.
Intanto l'aura di mistero e leggenda continua ad estendersi ed io, in seguito alla calorosa richiesta dei fans più appassionati, mi accingo all'immeritato compito di narrarne le gesta.
Pensando di fare cosa gradita, ho chiesto e ottenuto il permesso di rendere noto il contenuto di parte del diario dell'ultima impresa, senza filtri e correzioni Sarà necessaria qualche precisazione, ma non voglio indugiare oltre. Segnalo soltanto che l'11 agosto, giorno dello sbarco del BOEEEERDIN a Olbia per la traversata Olbia-Muntiggioni, è stato indicato come il giorno con la temperatura media (in Italia) più alta del secolo.


Viareggio, 9 agosto 2003 sabato mattina

Epico BOEEEERDIN. Certe volte mi domando: ma chi sono? Per la moto non c'è stato nulla da fare. D'altra parte, forse non sarei andato un Sardegna, ammesso che riesca ad arrivarci Lo scooter mi sarebbe piaciuto, mi sembra molto vicino al mio stile, è molto relax. Ma il fratre non è stato d'accordo, così, di corsa, sistemazione della bici, prenotazione traghetto, treno e poi via.

Sono partito piuttosto nervoso, un po' per le rotture di coglioni dei mezzi, un po' per i mezzi pacchi tirati qua, un po' per mia madre, la Chiara... Insomma son partito ieri con il treno delle 11.32, cambio a Bologna, cambio a Prato, Lucca alle 16. Mentre le colline toscane sfrecciavano dal finestrino, un demone di nome libertà mi galoppava dentro, ed era bello, uno spettacolo maestoso, uno stallone che volava sulla battigia.

Ho fatto un giro per il centro di Lucca, molto bella, qualche ragazza carina, poi sono uscito direzione Viareggio. Un po' fuori ho trovato un alimentari, ho fatto un po' di spesa, mi sono fermato a chiacchierare, mi hanno indicato una strada che non finiva più vicino al lago di Massaciuccoli. Carina però, diverse troie lunga la strada (notevoli, aggiungerei) che prestavano servizio nei campi. La salita ha avuto un che di drammatico. Un po' la bici, un po' il carico, un po' il fuori forma, non si va su e ho deciso che in Sardegna i tratti di salita li farò a piedi.

Sono arrivato alle 19.10 al Camping Europa a Torri del Lago, ed ero già cotto da un po'. Le gambe piene di acido, probabilmente disidratato, dato che ho pisciato pochissimo pur bevendo l'impossibile. Piantato tenda e qualche chiacchiera coi vicini, lo stomaco ancora contratto, qualche giretto e poi a nanna.

Stamane sono venuto a Viareggio, sono andato all'APT a recuperare una mappa e poi in via S. Carlo Borromeo 20 dalla Francesca Caimi. Scroccato colazione, crostata + orzata e carica batterie. Lei ha un po' di gastrite, porella. Ora sono qui al Parco, ho riposato e ora scrivo. Già da ieri notavo questa cosa: che son tranquillo. Nessuna euforia, né senso di meraviglia o solitudine. Mi sento come al solito. Forse significa che in un certo senso vivo già da solo, comunque per conto mio, mi manca l'indipendenza economica, che dovrebbe essere quasi acquisita, e un po' di savoir faire, e chissà se lo acquisterò mai.



Porto di Livorno, 10 agosto sera

BOEEEERDIN osserva il traghetto scaricare infinite vetture e nota con soddisfazione che tra chi scende e chi sale c'è solo una bici: la sua. Intanto emana tutto il suo fascino dovuto alla giornata in bici sotto la candela e sospira pensando a cosa l'aspetta domani, pregustando di bestia una ricca doccia in fondo alla giornata.

Ieri giornata a Viareggio, mare con figone e cena scroccata dalla Francesca. Serata carina. Oggi sbaracco e scarrozzata fino a Livorno, gelato acqua e cracker. Insomma, oggi stomaco leggerino. Mi sono appena fatto un paio di pomodori pagati a caro prezzo ieri. Ho anche una "piacevole" scoperta: sono finito sulla nave sbagliata. La mia partiva alle 20, questa è quella delle 22. Per fortuna non mi hanno controllato il biglietto. Sono entrato sparato con la bici e nessuno mi ha chiesto niente. Devo dire il vero che mi sto un po' rompendo di starmene per i cazzi miei. Ma se le cose non mi vengono subito, non vengono. Cazzo!




Casa di Lisa - Maritza - Sorso, 19 agosto martedì sera

Finalmente una bella stellata. Stanotte ha piovuto un po' e si è rinfrescato. Mi sorprendo a pensare di come sia riuscito ad attraversare - letteralmente - mari e monti senza difficoltà e sia bastata l'aria condizionata dell'auto a mettermi in crisi. La traversata Olbia-Muntiggioni resterà senz'altro epica. Più o meno 90 km, ma chi può dirlo, di continue salite e discese, per un dislivello totale secondo me di oltre 2000 metri, con quella bici (city-bike scassatella con unica corona grande), carico come un mulo, da solo, senza allenamento, con le riserve energetiche dei miseri pasti dei giorni precedenti, con il caldo record di questi giorni... contro tutto e tutti, mitico, mitico BOEEEERDIN.

Sul traghetto ho conosciuto due tipe carine di Faenza, che andavano a Palau a fare strage di cuori. Sbarcato alle 9, sono un po' uscito dal paese e poi mi sono fermato a fare colazione veloce, brioche e tè, nervoso per l'impresa imminente.

Dopo pochi km la strada comincia a salire e a un certo punto la bici non va più su. BOEEEERDIN non si demoralizza, si toglie la maglietta a va su a piedi.
Sarà così per la maggior parte delle due ore successive in cui la strada si inerpica per i monti, fino a che si ferma per una sosta tattica al circolo di qualcosa in mezzo al niente sotto Monte Pino. Bibita, ghiacciolo, acqua e chiacchierata con gli avventori, che gli consigliano una certa strada che taglia Tempio passando per Luras. Ristorato dalla bevande e dalla buona compagnia il BOEEEERDIN riparte giulivo. Compaiono le prime discese ma non cessano le salite.
BOEEEERDIN passa lentissimamente e sogghignante accanto a un'auto rimasta in panne per il troppo caldo. La strada si addentra sempre più profondamente nel cuore della Sardegna, le abitazioni (sembra impossibile) ma si fanno ancora più rade. Verso mezzogiorno e mezzo l'ennesima salita sotto il sole fanno ripiegare il BOEEEERDIN per una sosta tattica sotto l'unico albero sulla strada. Qui, rendendosi conto di trovarsi ancora a metà strada da Tempio, e quindi a meno di un terzo del viaggio, di aver bestemmiato in tutte le lingue contro tutte le salite del mondo e le bici che non vanno su, di trovarsi a km dal più vicino essere umano, del caldo sovrumano che lo fanno sentire un po' al limite delle forze, il BOEEEERDIN comincia a cogliere la dimensione dell'impresa e ha un attimo di sbandamento. Ma la valutazione delle contromisure ai possibili inconvenienti del viaggio è positiva, e BOEEEERDIN si rasserena subito, anche perché fa affidamento alla sua proverbiale tenacia. Mangia due pacchetti di crackers, beve e si rilassa fino ad addormentarsi.
Riparte con prudenza, deciso ad amministrare le energie. Lungo la strada trova una fontana che lo rigenera, e alcuni avventori che lo incoraggiano e gli indicano la strada per Luras. BOEEEERDIN riparte baldanzoso ma la salita dura e il caldo si fanno sentire, così dopo un po' è costretto a un'altra sosta tattica sotto un albero, dove mangia, beve, riposa.
Già però si vede dall'altra parte della valle il paese di Calangianus, Tempio non può essere molto lontano. Riparte e la salita continua a essere dura, ma lungo la strada trova un fontana dall'acqua fredda e deliziosa, che lo rigenerano un po'. Luras è ormai a un chilometro. Vi si getta con foga chiedendo però informazioni ai locali. Questi gli consigliano di tornare indietro verso Tempio e il BOEEEERDIN felice si impegna su quelle che crede essere le ultime salite.
Sono ormai le cinque del pomeriggio quando siede nel primo bar di Tempio a rifocillarsi. Il nostro è esausto e ritiene senza ombra di dubbio che non affronterà più alcuna salita oltre Tempio. Si confida con il titolare che sgretola in una risata le sue illusioni sulla fine delle salite. "Ma come" afferma il BOEEEERDIN "Tempio doveva essere la vetta!" Ed infatti è così, ma il barista recita a memoria un rosario di discese e salite. La meta è ancora distante. Il BOEEEERDIN valuta la situazione. Il tramonto non è lontano, e forse non è possibile giungere a destinazione prima che faccia buio, ma ci sono viveri e liquidi a sufficienza per passare la notte in qualche campo. Però il BOEEEERDIN non può esimersi dal tentare l'impresa, specie con tutta quella discesa davanti a lui.
Allora si inerpica a piedi per la ripida salita che porta al centro di Tempio e poi si getta giù in direzione di Aggius. Mentre mantiene il controllo del mezzo ed infila con la consueta eleganza curve e tornanti, recupera un po' di energie ma le gambe sono alla frutta e sputa sangue su ogni minima pendenza. Spera solo nella prevalenza delle discese. Aggius viene così passato e faticosamente BOEEEERDIN raggiunge la mitica Valle della Luna.
Qui si concede una ricca sosta contemplativa ed edificante. Il sole non è più feroce come qualche ora prima e sarà il fresco, sarà la meraviglia che invade l'animo del BOEEEERDIN, sarà la determinazione che viene dall'aver affrontato e superato tante difficoltà, in quel momento decide che non si fermerà più prima di essere arrivato. Una nuova vigoria lo assale, le salite abbordabili vengono superate tranquillamente in sella, e cala con il tramonto un'atmosfera di lucida serenità, non conta più la strada, la distanza, la salita, c'è la consapevolezza quasi divina che niente di tutto questo lo può fermare. Finalmente vede il mare e si getta sulle tanto agognate decise discese.
Sotto il cartello Badesi chiama l'Angela, che non risponde. "Dove cazzo è andata?" Si rigetta sulla discesa, quando lei lo richiama, avendo notato le 3 chiamate senza risposta. "Siamo a fare la spesa. Ce la fai ancora un po'? Siamo a Muntiggioni..." Come no, ho fatto poca strada finora... Eroico, il nostro entra in centro a Badesi e cerca informazioni sul posto. BOEEEERDIN attacca di nuovo la salita. Conoscendo le pollastre, si ferma a Tozza al bar, a bere qualcosa. Quando riparte, a 400 metri dalla meta, strombazzano inutilmente, offrendosi di portare qualcosa. Ovviamente il nostro giunge in solitario e deciso fino alla porta di casa.



Porto di Porto Torres, 20 agosto tramonto

Tosse e raffreddore. E ho anche dimenticato lo Zerinol da qualche parte. E mi hanno trombato 62 euro e rotti per questo traghetto Tirrenia.

..Sniff, sniff... mi commuovo sempre di fronte alle gesta epiche del nostro, ai suoi pensieri alti e nobili, al suo stile aulico e ricercato eccetera, eccetera.
Per completezza volevo riassumere le tappe dell'impresa.
Partito da Padova in treno venerdì 8 agosto, BOEEEERDIN arriva a Lucca nel pomeriggio. Da qui in bici fino a Viareggio, dove giunge la sera.
Riposa ivi il sabato, trasudando l'atmosfera godereccia del luogo, e la domenica riparte in bici per Livorno, dove si imbarca per Olbia.
Sbarca sull'isola l'11 mattina, e l'attraversa eroicamente su e giù per i monti fino a Muntiggioni, presso Trinità d'Agultu. Qui ha soggiorna dall'Angela per qualche giorno, durante i quali visita le località più interessanti della costa smeralda e di costa paradiso.
Domenica 17 riparte in bici per Maritza, presso Sorso, a 20km da Porto Torres, dove è ospite di Lisa fino al 20, quando raggiunge Porto Torres e si imbarca per Genova.
Giunge il giorno seguente sul continente e di qui, in treno, fino a Padova via Milano.

giovedì 3 gennaio 2008

e il Madagascar (Capodanno 2005)

Prologo
22 dicembre - ufficio CNB - Padova
26 dicembre - Antsirabe
30 dicembre - Belo sur Tsibirinha
31 dicembre - Morondava
6 gennaio - Ranohira
7 gennaio - Fianatsaroa
9 gennaio - Ambositra
13 gennaio - ufficio CNB - Padova
Tutte le foto del Madagascar


C’è una signora, la madre di qualche mia amica, che è un’ascoltatrice eccezionale.
Le racconto di aver fatto un giro in bici sui colli, o di essere andato in vacanza fuori dall’Italia, e mi fa sentire come se fossi Sandokan redivivo. A me fa piacere, mi capita di uscire da casa sua e di sentirmi uno in gamba, uno che mastica avventura come tabacco forte e scuro.

Cos’è un avventuriero ? A me viene in mente uno che si sa arrangiare in tutte le situazioni, che non si fa intimorire facilmente, che sa il fatto suo, che conosce la natura e le lingue e gli uomini, che riesce a bere, a mangiare, a fumare qualunque schifezza, a viaggiare con ogni tempo e in ogni condizione, che porta in sé la maledizione di sentirsi a suo agio dove l’homo sapiens sapiens si sente a disagio e viceversa. E’ un uomo antico, un uomo di una volta, un uomo che preferirebbe affrontare una lotta mortale con un serpente piuttosto che compilare la dichiarazione dei redditi o fare shopping.

Chi sono io ?
E’ la domanda fondamentale dell’esistenza, quella che contiene al suo interno tutte le altre.
E’ quel sospetto fugace che sfiora i tuoi sensi mentre chiudi gli occhi appena prima di addormentarti, il dubbio di aver rinunciato a qualcosa di te.

Ogni viaggio può essere un’occasione per sfuggire l’inscatolamento introspettivo in cui ci costringono i ritmi e le abitudini cui siamo soggetti, per scoprire o riscoprire qualcosa di sé. A tal fine credo sia meglio rinunciare ai viaggi organizzati, al mordi e fuggi consumistico, ai villaggi vacanze. La mia idea è che si riesce ad apprezzare veramente solo quello che si progetta, si costruisce autonomamente… quindi scegliersi l’itinerario, studiarsi i luoghi, decidere in loco, soprattutto non farsi prendere dallo stress di fare le cose in fretta. Certo è più facile lasciare ad altri il peso dell’organizzazione, farsi trascinare… sicuramente in questo modo vedo più cose in meno tempo ma tutto, mi sembra, passa via come se fossimo davanti alla tivù.
Vuoi mettere il gusto di arrivare in cima a una montagna con le proprie forze? Che valore ha il panorama che si é conquistato, quanto è ricco il premio ? E‘ la ricerca, il desiderio alimentato dalla fatica, dal sacrificio che da valore a ciò che si scopre.

Ho sentito di gente lamentarsi di non trovare un bar per bere un caffè in mezzo al deserto o che non prende il cellulare… che ne può capire della magia del deserto gente così ? Come può apprezzare un alba, un tramonto, un cielo largo e aperto, una cascata nascosta, una foresta buia e impenetrabile, la cima di una montagna, il volto di un bambino ?
Ci riduciamo davvero a persone misere, a volte, nella rincorsa ossessiva di obiettivi spesso discutibili e il tempo… tempo che non c’è, che non sappiamo usare, tempo di cui siamo avidi e ingordi, di cui forse siamo più schiavi che padroni.

Credo sia meglio scegliere luoghi culturalmente lontani da quelli in cui viviamo, per permettere a quelle parti del nostro io più o meno atrofizzate di emergere. La mia idea è quindi di essere attivi all’interno di un viaggio, gruppi piccoli di persone, non troppo organizzati, pronti a cogliere al volo le sensazioni e i richiami e i desideri e le paure che naturalmente emergeranno lungo il cammino. Ascoltarsi, scoprirsi, trovarsi.

Quando il Petroz mi propose il viaggetto invernale venni colpito dal solito cocktail di emozioni che scatena l’avventura, paura, entusiasmo, desiderio.


22 dicembre 2004 ufficio CNB, Peraga di Vigonza (Padova) ore 19.16

Ave fioi.
Arriva il Natale, tra il lavoro e alcune scelte, impegni presi, il tempo m'è sfuggito di mano e mi sono trovato senza...

Non ultimo c'è anche l'impegno degli impegni, il giretto in Madagascar che abbiamo organizzato con Martin e Petroz.
Non andiamo a fare missioni umanitarie, personalmente, non vado nemmeno a fare vacanza... più di ogni altra cosa è la salivazione abbondante che mi provoca il gusto aspro e intenso dell'avventura a spingermi verso...
Devo dire che mi costa un po questa scelta, in termini economici, in termini professionali (ok, chissenefrega), ma soprattutto in termini relazionali.

Avrei voluto starvi più vicino in occasione del Natale, fare gli auguri direttamente e non tramite e-mail, lasciare qualche pensiero in più...
Insomma approfittare di questa occasione per far sentire il bene che si vuole.
Non ce l'ho fatta e mi dispiace. Parto tra 36 ore e ho ancora lo zaino da preparare, ere geologiche di sonno da smaltire...

Così i miei auguri saranno questi, scarni, rapidi, per niente colorati, ma veri e sinceri.

Buon Natale, un abbraccio

Nick


26 dicembre 2004 Antsirabe ore 23 circa

Relax pre - escursione. Un sacco di cose da raccontare. Il viaggio è stato lungo. Preparata la roba in fretta, due ore di sonno e Scorza che tratta sui soldi per portarci all’aeroporto, appena intascati scappa via che scade il parcheggio.
Partenza ore 7.15 + ritardo per sbrinare l’aereo, Parigi, bagagli imbarcati nonostante il ritardo, l’Air France e tutte le paure. Volo tranquillo con il Martin che vede tutti i film e Boerdin tutti i giochi. Finale con vuoti d’aria notevoli che costringono Boerdin alla ritirata, a causa del suo animo sensibile.
All’aeroporto un bolognese, che si era sposato un cesso di malgascia, rompe i coglioni al Boerdin che è abbondantemente oltre la frutta. Taxi ed arrivo al Saka-Manga (Gatto Blu), albergo molto carino e stanza pregna di odore di chiuso. I nostri ronfano fino a l’una e mezzo di Natale, poi si lavano e decidono di andare a mangiare Gamberoni e Zebù al Glacier fino a pomeriggio inoltrato.
Giro per Tanà, Mercato, Parco con giochi tipo roulette, Haute Ville, serata al Pandora, bar dell’avventura, Petroz con la sua immancabile pizza seguito dal Martin e Boerdin che assaggia la zuppa di cipolle alla parigina con formaggio e crostini. Buona ma tosta.
Nel frattempo si accumulano donne al banco del bar che invitano con lo sguardo. Petroz agisce ed arriva Fabiola, seguita poco dopo da Geraldine e infine dalla timida Alice, nel suo vestitino nero con scollatura integrale.
Di chiacchiera in chiacchiera, il Martin si porta in rampa di lancio e arriva al bacio, Petroz conosce Fabiola e Boerdin difende tenacemente la sua virtù, forse arrivando a sfiorare la scortesia. Di bacio, in bacio, strusciata in strusciata, di ballo in ballo, si fa tardi senza alcuna appendice particolare, solo qualche cosa offerta.
Partenza la mattina dopo per Antisarabe, taxi + taxi-brousse, con il solito contorno di accerchiamento in fase di trattativa. All’arrivo Pousse – Pousse che ci scorazzano per tutto il giorno con semi-inculata e fuga finale. Cena con otto euro totali a la Gaelle, Gamberoni + Zebù. Domani tour di cinque giorni fino a Morondava, dove faremo l’ultimo.


30 dicembre 2004 ore 17 circa Belo sur Tsibirinha

Il più dell’escursione è stato fatto. Sono ponato sotto una capanna che fa da ristorante mentre Petroz e Martin fanno la doccia. Lunedì mattina che siamo partiti ho provato in tutti i modi a chiamare la donna, che il giorno prima non rispondeva e lunedì ha il telefono spento. Le mando uno sms dal cellulare del Martin e finisce là. Inoltre Boerdin inaugura la mattinata con una cagata diarroica beneaugurante. Colazione al bar italiano di Giorgio e partenza in gran ritardo con i Pousse – Pousse che si fanno rivedere senza pudore.
Saliti sul pulmino giapponese di terza mano con la consueta guida sportiva affrontiamo scenari del Madagascar. Sosta per il pranzo che azzera in partenza le norme igienico - sanitarie, pranzo in un hotely di uno sperduto paese in mezzo alle colline, riso, pollo, acqua di riso, coca, zuppa di legumi, yogurt naturale, limonata. Mentre sprofondavamo nelle terre lontane dalla civiltà, il nostro autista cecchinava un cane e un uccello.

Madagascar - Donne che lavorano il riso lungo la strada per Miandrivazo

A pomeriggio inoltrato giungevamo a Miandrivazo, dove comincia il vero Madagascar. La serata arriva in una serie di controlli della polizia e in una doccia. I controlli derivano dal fatto che un pirogaro anni fa ha ucciso un turista per derubarlo quindi, per facilitare il rimpatrio della salma, sono necessarie tutta una serie di informazioni.
Cena ricca e abbondante con granchio, pesce, legumi e finale di banane flambé, con Boerdin che conferma la fragilità del suo intestino. Mentre è lì che soffre con il buco del culo in fiamme e discute delle mosse opzionali in caso di pioggia la sera successiva, l’aura del Martin si fa intensa e spara la sua cazzata. “Perché vi preoccupate ?” e rivolto al Boerdin “Godetevi questi momenti !”

Madagascar - Bambini al mercato di Miandrivazo

Dormita nelle zanzariere tra i camion e i galli che rompono tutta la notte. Sveglia dura e partenza con le canoe con i francesi Thierry ed Evelyn della Reunion nella loro canoa performante e noi con Theo e il pirogaro nella canoa più grossa destinata all’ultima corsa.
Dopo pochi minuti Boerdin apre l’ombrello e il Martin ride inutilmente. Qualche ora più tardi è con le gambe in fiamme svelto a coprirsi sotto l’ombrello.

Madagascar - Sosta per il pranzo lungo il Belo-sur-Tsibirinha

Il caldo e l’umidità si fanno sentire, il termometro passa i 40°, l’afa è soffocante. Sosta tattica sotto uno dei radi alberi in mezzo al fango, pane, sardine, formaggio, ananas, acqua e succo di frutta. Organizzano tutto i portantini, noi dobbiamo solo mangiare e sopportare il caldo. Ripartenza e ormai ci si è abituati al fancazzismo. Mentre siamo lì sonnecchianti con un occhio chiuso e uno aperto il cielo alle nostre spalle si oscura, il vento si ingrossa e in poco tempo ci troviamo fermi, in piedi su una lingua di sabbia sotto la pioggia scrosciante, per evitare che la piroga, che già imbarca acqua, affondi definitivamente.

Madagascar - Sosta per la pioggia

Appena Giove Pluvio chiude un po’ i rubinetti ripartiamo e poco dopo giungiamo a un villaggio sul fiume di 5-6 capanne. Dopo le formalità con il capo-tribù montiamo la tenda sotto la pioggia. Nel frattempo Theo e gli assistenti preparano la cena, Boerdin esplora necessariamente il bosco, tutti scattano foto, la francese socializza con i bambini con il solito trucco della macchina fotografica digitale.

Madagascar - Il villaggio della prima notte sul fiume

Cala la sera, la pioggia va e viene, la gallina si pona sotto il poncho del Boerdin. Cena: zuppa di verdure, zebù, banana flambé. Si va a nanna un po’ umidi, mentre Boerdin esplora il bosco anche nel dopocena. La notte i nostri affrontano la gara del russo più forte, svegliandosi l’un l’altro in continuazione, così possono alzarsi alle 5 del mattino freschi e riposati. Colazione con omelette, pane, marmellata, margarina, miele. Anche il Martin esplora il bosco.

Madagascar - Gli eroi in canoa il secondo giorno di viaggio

Ormai siamo nella foresta tropicale, i nostri ripartono baldanzosi (ma con gli occhi socchiusi) pronti al richiamo dell’avventura. Dopo qualche ora di ricche pagaiate dei pirogari i nostri, aggirando alcuni pericolosi vortici, entrano nella foce di un torrente e parcheggiano. Risalendo il torrente ci troviamo davanti a una bella cascata, dove troviamo gli austriaci in bicicletta che fanno il bagno nudi con il pirogaro. Dopo aver chiesto permesso a Evelyn (che confessa candida di aver visto altri cazzi in vita sua) ci aggreghiamo felici, proviamo la forza della cascata e passiamo un’amena oretta.
Pranziamo a base di pane, formaggio, sardine, pastone e ananas. Si riparte e il tempo si fa incerto. Pioverà ?

Madagascar - Cascata incontrata il secondo giorno di viaggio sul fiume

Com’è ovvio, un’ora prima del nostro arrivo al villaggio di destinazione arriva l’acqua. Al villaggio i nostri si deliziano del tè locale bevuto nelle tazze lavate con acqua di fiume stantia. Petroz si limita a un assaggio, solo Boerdin osa e finisce la tazza. Gli eroi vengono posizionati su un’isoletta in mezzo al fiume davanti al villaggio, dove pascolano gli zebù. La pioggia ancora va e viene e i nostri montano la tenda e attendono la cena. La sera si intravede qualche stella. Spettacolo, Boerdin e Martin esplorano i cespugli dell’isola. Boerdin si decide a prendere l’Imodium.
La notte passa più serena delle precedenti mentre ignoti animali vagano intorno alla tenda emettendo strani rumori e stimolando i cani del villaggio.
La sveglia alle 5 è sempre dura. Colazione come la precedente e ripartenza.
La foresta sta scemando ormai, i nostri si avvicinano alla fine del viaggio in piroga, che è ormai alla frutta, Theo passa il suo tempo a buttare l’acqua fuori, ma si continua a viaggiare a pelo d’acqua. Nel frattempo l’ombrello del Boerdin è sparito ma impavido affronta il finale di viaggio senza emettere fiato. Per fortuna il cielo è clemente, il sole fa capolino solo quando i nostri arrivano al villaggio di destinazione. Lì pranzano con pane, formaggio, sardine, uova sode e ananas, per poi ripartire sotto la candela su un carretto trainato da due zebù.

Madagascar - Gli eroi in partenza sul carretto trainato dalla zebù alla fine del viaggio in canoa

A pomeriggio inoltrato, dopo aver attraversato varie difficoltà, tra cui due fiumi da guadare, con lo zebù bastardo che si pianta e non riparte più, i nostri giungono al villaggio di Antsirakana, dove ci sono dei bungalow, elettricità fino a una certa ora e la possibilità di farsi una doccia con l’acqua di un secchio.

Madagascar - Attraversamento del guado
Madagascar - Bambino al guado
Madagascar - Attraversamento del guado
Madagascar - Attraversamento del guado


31 dicembre 2004 ore 22.30 circa Morondava

Ad Antsiraka il pomeriggio passa tra lo spettacolo del Boerdin ai bambini, con il numero della scopa volante e quello del bisonte selvaggio, doccia, chiacchiere con gli austriaci, che tentano in tutti i modi di trovare un passaggio fino a Morondava. La sera, cena a base di insetti, riso, pollo e ananas.
Ripartenza stamattina in 4x4 dopo chiacchieratone notturna con il Petroz. La strada è brutta, piena di fango, buche e crepe. La vegetazione cambia ancora. Lungo il sentiero incontriamo qualche baobab, persone a piedi, in bici (come gli austriaci), uccelli, gruppi di farfalle che si raccolgono a centinaia per succhiare il sale che rimane sulla strada quando evapora l’acqua. Sosta in un hotely in uno dei tanti villaggi lungo la strada, riso + carne o pesce. Si riparte e i baobab si fanno sempre più numerosi e grandi. Il baobab sacro, quelli innamorati, il viale di baobab, si giunge a Morondava verso le 4, ai bungalow “Le bungavilliers”, un posticino carino sul mare a 12 euro per tutti e tre. Facciamo il bagno, cazzeggiamo, ritornano i francesi che, per risparmiare (?), sono andati un po’ più in là. Cena ricca a base di pesce con il Boerdin che trova il chewingum nell’aragosta.


6 gennaio 2005 pomeriggio Ranohira

Martin e Petruz si stanno affrontando in un’epica partita a scacchi.
Lì a Morondava la notte di capodanno è venuto il diluvio e Boerdin non è riuscito a telefonare, nonostante tutti i tentativi. La mattina successiva gli eroi si presentano puntuali alle 6.20 davanti all’albergo, per giungere in aeroporto entro le 7 per confermare la prenotazione. Ma il taxi, che come concordato doveva essere lì alle 6, non c’era. Corsa allora in centro a cercarne uno alternativo, in mezzo alle pozzanghere non se ne trova uno, finché non lo becchiamo alle 7 meno cinque, corsa all’aeroporto dove non c’è nessuno, il primo impiegato arriva alle 8.
Ovviamente, non c’è nessuna prenotazione a nostro nome, come assicurato da Mr. Donnee, ci mettiamo in lista d’attesa, finché mezz’ora prima di partire ci danno l’ok, 85 euro e via, sul twin hotter super doppia elica a 19 posti. Sosta all’aeroporto-savana di Manja e ripartenza con grande vista su cielo e terra, foreste, prati, savane, fiumi, arrivo a Tulear a l’una; taxi fino a Saint Augustin, posto – oro consigliato dai francesi.

Madagascar - Sosta all’aeroporto-savana di Manja con il twin hotter doppia elica

L’impatto non è un granché, il posto è sporco, i locali sono lentissimi e rincoglioniti, la spiaggia è piena di alghe, c’è anche un canale pieno di merda, piove dentro la capanna dove si mangia… L’unica cosa veramente interessante è stata la conversazione con i francesi turisti, discorsoni sul Madagascar, sulle risorse, sull’iniziativa, l’azadivactina indica (nim), le arance, anche discorsi di merda.

La sera il Martin prenderà Lariam, Colicalm, Aspirina, e prenotiamo la piroga da Rambo per spostarci ad Anakao. La mattina dopo partiamo con ‘sta piroga a vela con il secondo pattino e i Rambo della famiglia Nelson ci portano fino a Nosy Ve dove Martin e Petruz fanno immersione, poi insieme giro turistico dell’isola, ricco e spinoso (punta di agave nell’alluce sinistro del Boerdin), infine sbarco ad Anakao. Spiaggia bianca, mare smeraldo, bungalow grazioso in palma e legno, un deciso salto di qualità (Chez Eric e Carole Vezo). Ponatura tattica al ristorante con coca e cacahuets a Martin che rimbrotta subito il Boerdin perché non lo vuole a petto nudo, dato che ha già adocchiato una spagnola e vuole fare bella figura (e si lamenta della puzza). Appena dopo pranzo cade il diluvio, si bagna il bungalow.

Madagascar - Martin, Petruz e i fratelli Rambo sulla spiaggia di Anakao

Il Martin, per placare definitivamente la diarrea, prende un paio di disinfettanti intestinali, un paio di aspirine, l’imodium. La sera a cena Martin sfoggia tutto il suo fascino con la spagnola (che tra l’altro è qui con un neo – ingegnere civile francese che costruisce strade a Diego Suarez). Boerdin e Petruz suggeriscono le mosse, distraggono l’ingegnere, spianano la strada al Martin che all’ultimo momento, quando sembra che basti solo la mossa finale, rinuncia.
Boerdin si attiva inutilmente nella ricerca di un telefono. La notte passa tranquilla, tranne che per il Martin che ha la febbre alta. Il giorno dopo batte il sole e Boerdin e Petruz battono la spiaggia in cerca di una barca e del telefono, mentre il Martin resterà tutto il giorno a letto.
Il pomeriggio sul colle più alto della zona Boerdin, Petruz e due locali dopo mille traffici tentano di telefonare in Italia. A casa rispondono ma la donna no. Boerdin insiste e insiste finché comincia a piovere. Stoico, continua a tentare fino al diluvio, quando ringrazia il locale e fugge al bungalow.
Dubbi scuotono i nostri. Reggerà il Martin all’Isalo? E il tempo?

Madagascar - Alba sul mare ad Anakao

L’indomani alle 5 i nostri sono pronti armi e bagagli sulla spiaggia, montano sulla piroga a motore fino a Tulear, passaggio della carretta degli zebù fino al taxi, poi taxi-brousse fino a Chez Alice. Contatti immediati con la guida Nemaise, accordi per il percorso, speranze per il tempo.
Piove tutto il giorno e la notte. L’indomani piove ancora. I nostri si presentano bardati all’appuntamento, affrontano gli elementi senza battere ciglio, affrontano la savana, poi i canyon, poi scendono in valli nascoste dove fioriscono cascate e giungla pura.

Madagascar - Boerdin e Petruz presso una cascata al parco dell’Isalo

La sera campeggiano vicino alle cascate e risalgono il fiume per sport. In un passaggio ardito, incredibilmente, dopo una presa plastica degna di Spider Man, il Boerdin scivola e cade nel fiume tra le rocce. Salva i biglietti, soldi e macchina fotografica ma sbatte il torace sulla roccia. Eroicamente il nostro recupera subito e intraprende senza paura la strada del ritorno.
La sera passa amabilmente in conversazione con i francesi di Parigi, con lui figlio di ex coloni del Madagascar che si è fatto anche il centro e sud America in bici con lo sponsor che gli ha pagato l’aereo e 200 euro al mese per mangiare.

Madagascar - Ritorno dal parco dell’Isalo

Notte in tenda e la mattina c’è il sole. Si convince la guida ad andare al canyon. Si torna al villaggio a prendere la macchina. Affrontiamo il fango a spinta e si riparte a piedi attraverso scenari fantastici. A un guado il fiume tradisce il Boerdin, che bagna la macchina fotografica. Ancora fiumi, torrenti, cascate, il canyon dei makis, i lemuri, i serpenti d’acqua, il merlo malgascio, il martin pescatore. Si ritorna a Ranohira ancora con il bel tempo e finalmente ci cucchiamo il primo tramonto d’Africa qui in Madagascar, con il cielo largo e aperto invaso di colori.
Stellata importante qui a Ranohira, quattro stelle cadenti in cinque minuti, due davvero fuochi d’artificio.


7 gennaio ore 16.30 40 km prima di Fianatsaroa

Stamattina è successa una cosa strana. Nemaise è venuto alle 6.30 per farci prenotare il taxi-brousse in posto privilegiato. A me non ha convinto, ma ci eravamo fidati di lui fino ad adesso, gli avevamo lasciato più di un milione di franchi malgasci.
Vengono a prenderci verso le 7.30 quando era previsto alle 8. Strada bloccata da un camioncino. Dopo inutili tentativi, il nostro tenta una strada alternativa e si blocca a sua volta. Arriva un camion che libera il primo camioncino. Riusciamo a liberare il nostro taxi-brousse. Mentre tenta di attraversare la zona difficoltosa, Petruz viene assalito da una vespa che gli fa due punture. Scarichiamo in centro il Petruz per farsi disinfettare con un po’ di rhum mentre il taxi-brousse cerca altri clienti.

Madagascar - Interno di un taxi-brousse

Partiamo che è quasi vuoto. Dopo due ore di sosta alla stazione dei taxi-brousse di Inbosy, dove ci fanno cambiare taxi-brousse, saliamo su uno pieno e disastrato. Il viaggio è lento anche se affascinante, gli scenari stupendi, monti come rocce uniche, cielo largo, verde dell’erba, rosso della terra, blu del cielo e bianco delle nuvole. Sosta per ogni cosa e in ogni dove, il motore fuma, l’autista cerca l’acqua. Varie soste, 10 ore per 280 km ma finiamo nel lusso, alla Tsara Guest House.


9 gennaio sera Ambositra

Ieri siamo finiti al Parco di Ranomafana. Abbiamo visto la foresta diventare giungla sempre più folta. Abbiamo pagato l’ingresso e assoldato una guida e ci siamo addentrati nel folto, vedendo lemuri, ragni, toccando serpenti. Mentre assaporavamo l’incanto della foresta e Boerdin riviveva qualche flash del Corcovado, i nostri venivano assaliti dalle sanguisughe e la strenua lotta per difendersi rovinava il resto della gita.
Sulla strada del ritorno variati tentativi di telefonare, alla fine coronati da successo, tranne con la donna che ha il telefono spento. Serata di discussioni. Nella notte il Boerdin si trova l’occhio destro pieno di muco e trema per la febbre. La mattina successiva conto da paura dell’hotel e partenza un po’ mogia, farmacia irraggiungibile dato che è domenica, i nostri dopo varie vicissitudini affrontano un duro viaggio che è tutta una curva fino ad Ambositra dove vorrebbero fare qualche acquisto.
All’arrivo Petruz ha una serie notevole di scariche, per cui ringrazia la Tsara Guest House. Poi tra il riposino, il diluvio, la domenica, i nostri non riescono a fare nessun acquisto. In compenso, finalmente la donna risponde al telefono.

Madagascar - Il nostro percorso


giovedì 13 gennaio 2005 ufficio CNB Peraga di Vigonza (Padova) ore 12.16

A volte mi domando cosa centro io con i viaggi. Io che sono tutto fuorché robusto, che ho lo stomaco debole, che soffro il mal di mare, il mal d'auto, mal di tutto, che riesco a parlare male perfino l'italiano.
Sono tornato acciaccato, forse anche con qualche costola incrinata, però...

Cazzo, c'è quel PERO', ed è grande come una casa.
Non so raccontare i colori che ho negli occhi, la fisicità di corpi accatastati in una tenda o in un taxi-brousse, la carne di zebù, le scorreggie diarroiche (attenzione cari colleghi d'ufficio...), il fango, la pioggia, i vestiti bagnati, il bagno nelle cascate, le sanguisughe, le stelle cadenti, la fatica, gli odori, il sudore, il caldo, la stanchezza che ti fa addormentare comunque e dovunque...
A farle sono cose che possono fare tutti, anzi forse io sono uno dei più improbabili consumatori d'avventura.
Però...

Trent'anni e il mio bagaglio d'avventure sono sufficienti per sapere che la città farà presto a inghiottirmi con i suoi ritmi e le sue regole, per sapere che presto ricomincerò a ingrigirmi, a smarrire l'emozione e i colori che ho addosso.
So che ci vorrà poco per ritornare il coniglio che ero.
Però...

Già il capo si è presentato con il suo conto da saldare, montagne di lavoro arretrato, invidia, lavoro che ho lasciato a lui. Altri verranno a battere cassa, figurarsi, devo ancora pagare l'aereo al Martin (a proposito, mi mandi il tuo conto che ti faccio fare un bonifico...).
Però...

...però mi godo quello che ho addosso ora, e mi scuso di non saperlo raccontare.
Non si può, semplicemente.

Ora cerco l'intensità in tutte le cose.

Baci e abbracci

Nick

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e il Costarica (gennaio - febbraio 2003)

costarica

Penso che ogni persona in sé e per sé non sia qualcosa di definito e definitivo.
Piuttosto un pastrocchio su cui la vita getta continuamente e a caso dei colori.
Prendi la libertà.
Ogni uomo viene al mondo in un battito d'ali, un angelo innocente e inconsapevole. Poi i genitori, l'educazione, la scuola, la società, la TV o chissà cosa, piantano paletti di regole, idee, convenzioni, abitudini, che fissano i confini dei recinti dove ci si trova a pascolare. Prendi le mode, le ideologie, le superstizioni, le paure, il consumismo, il denaro, questo ritmo frenetico che ti impedisce di fermarti e riflettere, l'odio per gli omosessuali, le discriminazioni, l'ignoranza, la posizione della donna, le dipendenze, dalla droga, dalla tv, dal cibo, da un pizzico di affetto, dall'opinione degli altri... ciononostante c'è un sacco di gente che si ritiene libera. Ma dove ?
Eppure alcuni di questi recinti sono buoni e necessari (prendi la legge...), altri mutevoli e discutibili (la morale...), altri ancora futili o comodi o ipocriti (la moda…). Allora come scegliere ? Come comprendere la verità ? Come trovare la libertà ? Cos'è la libertà ?

Sta scritto: "Dai frutti si riconosce l'albero". Ma quali sono i frutti concreti e soprattutto visibili dell'albero della vita ?
Decidere qual'è il livello giusto per la nostra libertà non è affatto semplice. Non lo sarebbe in un contesto statico, figurarsi in una realtà fluida e complessa che cambia alla velocità del pensiero. Allora si oscilla alla ricerca dell'equilibrio, della situazione ideale, e il nostro livello di libertà varia, a volte ci si trova con la sensazione ingombrante di fare qualcosa che non vogliamo fare veramente, fino a sentirsi in trappola. Altre volte invece c'è il senso di colpa per aver forse superato i limiti, la paura di essere stati un po' troppo egoisti o un po' troppo superficiali.
Così è per l'uomo in quanto tale. Si guarda allo specchio e dice: "Chi sono ?". Una domanda solo apparentemente banale, alla quale nessuno insegna che risposta dare.
La risposta dello specchio è intraducibile, un guazzabuglio multicolore di emozioni.
Riesci solo a distinguere che c'è una parte della risposta che c'è sempre stata ma con il tempo si fa via via più sottile e un'altra che invece è cambiata, c'è qualcosa che eri che ora non sei più e c'è qualcosa che ora sei che prima non eri.
Forse i sogni ci dicono chi siamo.
E rimango scandalizzato da questa tendenza della comunicazione mediatica a indurre bisogni nelle persone, a fabbricare sogni a buon mercato da vendere alle masse per farle rientrare nel target di mercato, sogni da consumare in fretta.
Quando invece un sogno è veramente tuo, se ti appartiene, è qualcosa di talmente intimo da potersi ritenere sacro. E' qualcosa che parla veramente di te, qualcosa di divino, qualcosa che ha a che fare con la tua venuta al mondo, qualcosa che ti fa sentire vivo in ogni singola cellula del corpo. Per questo credo che si cominci a vivere davvero quando si inizia a credere di poter realizzare veramente i propri sogni. Ed è stato proprio questo pensiero a condurci in Costa Rica.
Sogni di avventura.

Alla fine del liceo io e Petroz dovevamo andare in Canada. Girare un po' e diventare Ranger nei grandi parchi nazionali, sulle Montagne Rocciose, a sorvegliare Yoghi e Bubu. Ma c'era l'università, con tutte le sue aspettative, altri sogni, l'orgoglio e anche paura, una paura indefinita, paura di fare qualcosa di più grande di noi, paura di rovinarci la vita, paura di non farcela, paura di fare una cazzata, paura di perdere chissà che...
Invece negli anni si è sedimentata questa voglia di avventura, tra i banchi dell'università, nei sabato sera noiosi, nelle domeniche passate a studiare, nella fatica di accettare i riti e i ritmi di questa società così inutilmente codificata, nella sequenza interminabile delle giornate inutili e ripetitive, nei rapporti superficiali, nelle risate a buon mercato.
Quando finirono prima per l'uno, poi per l'altro, i giorni dell'università, ci trovammo, ognuno per conto proprio, a dover capire. Il grande progetto era stato, fino a un momento prima, la laurea. Avevamo vissuto negli ultimi anni in funzione di quell'unico obiettivo (oltre a quelli ovvi e generali). E ora ? Cosa voglio fare della mia vita ? Una domanda che avevamo rimandato per tanti anni ci coglieva ancora impreparati, e ci sbatteva in faccia tutta la sua concretezza, e l'esigenza di essere risolta al più presto, senza sotterfugi. In tempi e modi diversi ci assalì un senso di impotenza e di rabbia, dovuti in parte alle frementi aspettative di chi aveva per tanti anni finanziato i nostri studi e anche i bagordi, in parte all'incapacità di rispondere a quella domanda o anche solo di poterla comunicare, come fosse una stupidaggine. Guardavamo con disgusto a una vita da ufficio, aspettando con gli amici e la morosetta il sabato sera, immaginando poi un matrimonio perché a una certa età devi mettere la testa a posto. Insomma, avevamo orrore di una vita regolare e scontata, gonfia delle frivolezze e dei riti della media borghesia. Ma che alternativa c'era ? Che alternativa c'è ? Che cosa c'era nei nostri cuori che potevamo far fruttare per poter sentirci vivi e nello stesso tempo guadagnarci da vivere e sopravvivere ?

Nel tentativo di rispondere a queste domande si è infilato naturalmente tra i pensieri il ricordo, e l'idea, del vecchio progetto del Canada. Un’avventura dall'altra parte del mondo, per soddisfare la nostra sete e valutare, immaginare stili di vita diversi e magari, perché no, trovarne uno che si confacesse alla nostra natura.
Inizialmente il nostro sguardo si era posato sulle terre selvagge e immense dell'Australia, i canguri, le piste in mezzo al deserto, i cercatori d'oro, ma due conti veloci e una mano in tasca ci ha fatto desistere. Siamo allora passati a sognare Kenia e Tanzania, il Serengeti, il Kilimangiaro, ma anche lì le guide si fanno pagare e il fai-da-te è sembrato un pochino pericoloso, perfino per noi.
Così abbiamo puntato sull'America Latina, dove si può vivere e spostarsi con poco, dove il ritmo di vita, la gente, la musica, i colori sono così diversi da noi. Il Costa Rica è uno dei paesi con la maggiore biodiversità (quantità di specie animali e vegetali in un determinato spazio), ricco di riserve protette ed è anche un paese molto tranquillo, uno dei pochissimi paesi al mondo privi di esercito, la Svizzera d’America. Ci è sembrata la scelta naturale.
Tuttavia, finché non ho stretto in mano il biglietto aereo (840 euro), non ho creduto veramente che sarei partito.

Ci si trovava così, pour parler, e sognare di volare dall'altra parte del mondo era facile, una droga leggera. Credo che se avessi aspettato di essere completamente convinto non sarei mai partito. E' così. Tutte le scelte importanti hanno un margine di rischio, portano con sé la paura e il fascino dell'ignoto. L'intelligenza serve, ma non basta, non è possibile intercettare tutte le variabili in gioco. Ci vuole istinto, quell'intuizione non superficiale e non codificata che ti fa sentire che una scelta è giusta anche se non sai spiegare con precisione il perché. Ci vuole convinzione per affrontare un progetto, un'avventura, perché se continui a voltarti indietro rischi di inciampare e la corsa sarà lenta e affannosa. Oserei dire... ci vuole Fede.
Il solo credere in un'idea la rende più reale, credere in una persona la rende meravigliosa... Un granello di senapa di Fede fa miracoli, davvero.
E se si sbaglia ? Bè, qui il discorso si fa complesso e vorrei evitare di alambiccarmi in fumosi esercizi filosofici. Dico solo che raramente una scelta è completamente giusta o completamente sbagliata. E poi quanti elementi alterano la visione: la paura, l'ignoranza, l'orgoglio, la presunzione, il bisogno, la disperazione, la rabbia, il desiderio... hai voglia. Dipende anche dalla cilindrata del cuore. Ci sono 3000 turbo iniezione che rischiano di sbandare ad ogni curva e 500 diesel che non li muovi nemmeno a prenderli a calci nel culo.
Lungo il cammino della vita si commettono errori quasi ad ogni passo e, per quanto mi riguarda, ne sarei seppellito se non Credessi, se non credessi di poter rinascere ogni giorno. Le cicatrici restano, eccome se restano, ma si può imparare a farne tesoro, a fare meno errori, ad affrontarli meglio, spettinandosi soltanto un poco. L'unica scelta veramente sbagliata è quella di non avere il coraggio di scegliere mai.


Ricordo i giorni terribili prima della partenza, un malessere che sembrava scoppiarmi in testa, la voce delle persone che lentamente si traduceva in una cacofonia insopportabile, aggiungici anche un po' d'influenza. Ma, probabilmente, sarei partito, sarei fuggito, anche dentro un polmone d'acciaio.


15 gennaio 2003 h 7.59 (ora di Roma)
Bon. Io e Petroz siamo a bordo dell'Iberia IB3631 in partenza da Venezia destinazione Madrid. Dopo il solito interminabile check-in dove ci hanno incellofanato (gratis) gli zaini, ci ha salutato un'alba beneaugurante. Ci aspetta un viaggio di quasi 18 ore. Speriamo che passino in fretta. Il tagliaunghie ha passato i controlli. Secondo me, un terrorista può fare il cazzo che vuole.

h 12.18 (ora di Roma)
Siamo in partenza da Madrid su posti abbastanza lontani. La prospettiva di affrontare 13 ore e 40 minuti di aereo in queste condizioni non mi esalta particolarmente. Il volo fino a Madrid è andato bene. L'Iberia ci ha offerto una ricca colazione. All'areoporto abbiamo trovato una smandrappata di fighe allucinante, in particolare allo sportello dell'Iberia, ce n'era una che Penelope Cruz gli fa una sega (con rispetto parlando).

h 23.51 (ora di Roma)
Tramonto all'areoporto di Miami. Si comincia a respirare aria di libertà. Per salire su questo cazzo di aereo ho dovuto passare quattro controlli. Devo cambiare la foto sul passaporto. Anche a Madrid un poliziotto mi ha perquisito da cima a fondo, mi ha chiesto spiegazioni perfino sugli appunti di inglese del Petroz. Il pranzo sull'intercontinentale ha stroncato il Boerdin, soprattutto il peperone. Perché cazzo l'ho mangiato ? Così il Boerdin ha dovuto fare i conto con il suo stomaco, ed eroico il nostro è riuscito a non vomitare, anche se con rabbia ha dovuto rinunciare alla cena pagata. Almeno ho inculato le posate. Il tramonto di Miami mi ispira terribilmente. Per la cronaca (e Asto) l'aereo dell'intercontinentale era un B-747. Avrei voluto fare riflessioni sullo stato d'animo della partenza, ma sono stato troppo male. Spero al ritorno di aver avanzato Xamamina. In teoria qui a Miami dovrebbero essere le 18 e a San Josè le 17.

h 21.45 (ora locale); h 4.45 (ora di Roma)
Boerdin e Petroz consumano la loro prima cerveza Imperial al Grand Hotel Imperial, Avenida Central, Stanza 97, 13,33 USD (385 colones for one dollar).


16 gennaio h 06.05 a.m. (ora locale)
Alba a San Josè. E' la zona del mercato ma mi sembra una cosa generale. Già da due-tre ore qua gridano e strombazzano e una discreta quantità di gentaglia arpega su e giù. Ieri sera abbiamo conosciuto Giuliano, un italiano che da tre anni e mezzo sta in centro America (Messico e Nicaragua) e sembra il Gatto e la Volpe messi insieme. Spettacolare il tramonto a Miami ieri, sembrava uno di quegli sfondi infuocati di PowerPoint. Poi quando l'aereo è salito abbiamo visto Miami by night, e sembrava Matrix. Anche San Josè era carino, venature d'oro nell'oscurità. All'areoporto diatriba con i tassisti per risparmiare un po', ma alla fine abbiamo comunque pagato 12 dollari. L'hotel Galilea, indicato sulla guida, non esiste, e il tassista ci ha portato qui. Una vera topaia. Almeno costa poco.

h 07.55 a.m.
Colazione con cameriera carina con le tostadas. Il numero che ci ha dato la Resy è sbagliato e Petroz è convinto l'abbia fatto apposta. Con 225 colones siamo riusciti a chiamare in Italia. Prossima tappa: ufficio turistico.

h 01.37 p.m.
La faccia di bronzo del Petroz sta tentando di farci passare per ricercatori e scroccare un permesso per entrare gratis nei parchi. Intanto abbiamo appuntamento con una tedesca per una birra. Carina, naturalmente.

h 02.07 p.m.
Sono ponato su un tavolino al centro di un laghetto al Parque Nacional. Almeno credo. Petroz è andato a farsi un caffè. Si respira un'atmosfera di grande armonia. Questi parchi sono meravigliosi, piante di tutti i tipi, una grandissima cura nel tenerli. E poi sono tanti. San Josè è una piccola città, molto a misura d'uomo. Non riusciamo a non farci notare, carichi di roba come siamo. Prima dei rompicazzi stavano attaccando briga. Quante ragazze carine. Quanti pesciazzi in questo laghetto.



17 gennaio h 09.09 p.m.
Giornata epica: tra ieri e oggi abbiamo intortato il Ministero dell'Ambiente e con l'aiuto di Jennifer abbiamo parlato con il Ministro e pare proprio che ci concederanno un permesso per visitare i parchi. Ma dobbiamo aspettare fino a lunedì. Jennifer ci ha salutato un po' fredda e ci ha dato appuntamento la settimana prossima ai Caraibi. Nel frattempo abbiamo preso un autobus e siamo finiti a Ciudad Quesada, un paesotto in mezzo a tutto e lontano da tutto. E' stata interessante la tratta in autobus, pieno di gente fino all'inverosimile, con ritmo di 25 km/h. Il Petroz si è innamorato di Jennifer e allora spendiamo su di lei. Petroz dice: profumo naturale, delicato, da bambina che ti mette un sesso allucinante. Il naso non è bellissimo ma ci piace quando lo arriccia. Il sorriso è il top dei top, irregolare ma molto affascinante, un dente inclinato che gli da un che di accattivante. A me piace molto come strabuzza gli occhi. E i capelli molto belli. Non da molta confidenza ma ti accarezza arricciando il naso. E poi è stata bravissima, molto simpatica e alla mano.

h 11.05 p.m.
Stella cadente su Ciudad Quesada (San Carlos)



Il volo aereo è stato assolutamente interminabile, quasi 24 ore di stillicidio, condito per di più dalla mia oltremodo stupida incapacità di rinunciare al risotto ai peperoni proposto dall’Iberia che mi ha incendiato lo stomaco per metà del viaggio, facendomi lottare minuto dopo minuto per non vomitare. Siamo atterrati a San José a sera inoltrata e all’uscita dell’aeroporto stava ad attenderci una folla di tassisti smaniosi di venderci i loro servizi. Tra il buio, la stanchezza, le paure striscianti dell’arrivo in un paese così lontano, questa folla un po’ aggressiva… diciamo che il primo impatto poteva essere migliore. Quanto è più bello un luogo sconosciuto alla luce del sole !
Il tassista poi ci ha portato in una topaia di pensione nella zona del mercato generale, una delle più malfamate, le cui squallide stanze, ricavate probabilmente da usi commerciali, si chiudevano da un lato con una vetrata e una saracinesca metallica (tipo bacheca per i serpenti allo zoo).
San José è una città abbastanza moderna e moderatamente caotica, più piccola di Padova. Ci sono zone centrali pulite, ordinate, armoniose e altre più squallide e malfamate, divise da sinistra a destra da avenidas, e da sopra a sotto da calles.
I primi giorni ci siamo sbattuti avanti e indietro con i nostri zaini ipertrofici, a guardarci un po’ attorno, capire dove eravamo e contemporaneamente ci siamo subito attivati per ottenere i permessi necessari per visitare i parchi. Così abbiamo conosciuto Jennifer, per sbaglio, finendo al Ministero della Cultura dove lei lavorava. Ci ha ascoltato, ha capito il nostro problema, si è fatta in otto per darci una mano, ha accettato subito di uscire a bere qualcosa con noi, ed era una vera forza. Insomma, sembrava una cosa troppo magica perché finisse lì e basta. Eravamo sicuri che l’avremmo rivista e chissà, le mille e una notte, tanto aveva fatto presa sul nostro immaginario. Invece è stata soltanto una stella cadente. Meravigliosa, ma solo un guizzo di luce nel cielo.


18 gennaio h 07.45 a.m.
Dimenticavo la pensione Palma a San Josè, 7$ in due, ma tranquilla e stanotte al Don Goyo a Ciudad, 21$ in due (dopo contrattazione) ma decente. Una biondina carina ci ha portati fino all'albergo e ieri un'altra cameriera mi ha tolto l'appetito. Il cibo fa schifo, non c'è tradizione, è pieno di fast food e mi sa che tornerò dimagrito. Dobbiamo ancora recuperare il fuso. Anche stamattina mi sono svegliato alle 6.30 a.m. Ci siamo resi conto che qui non c'è proprio un cazzo da fare, allora andiamo all'Arenal. Un tipo dell'informazione ci ha intrattenuti un paio d'ore ieri sul vulcano. Non so, non m'ispira incredibilmente. C'è la luna piena e (forse per quello) non un grandissimo numero di stelle. Ho riconosciuto Orione e forse il Piccolo Carro. Il Petroz per certe cose è un bestia ma a volte si perde in un bicchier d'acqua. E' un po' troppo impulsivo. O istintivo.

Costarica - Vulcano Arenal

19 gennaio h 07.45 p.m
Hotel Principe, Avenida 6, San Josè (15$). Siamo partiti ieri per un paesino che si chiama Fortuna, ai piedi dell'Arenal. Ci siamo sbattuti nelle Cabinas Jerry, un buco con vista sul vulcano e Heremias ci ha venduto un tour all'Arenal (20$ a testa). Abbiamo trottolato tutto il pomeriggio inutilmente intorno al vulcano, poi siamo andati alle paradisiache piscine termali. Qui abbiamo conosciuto bene un paio di americani del nostro tour, Sean di Washington D.C. che studia Biochimica a San Diego e Pamela di Boston, appena laureata. Simpatici tutti e due, si fanno rispettivamente due mesi e cinque settimane, hai capito 'sti americani. Infine giro notturno al vulcano, con qualche vaga visione di lava e rumori di sbuffi e caduta di pietre. Suggestivo, la luna piena tra i rami della foresta, il vulcano. Poi saluti e pizza a Fortuna. E' una zona che sa molto di Africa, con le banane, le palme, i colibrì. Oggi pioveva, era tutto molto più brutto. Così ci siamo sciroppati 5 ore di bus per tornare a San Josè. Domani dovrebbero darci il permesso e dovremmo partire a mezzogiorno per il Corcovado. Lì dovrebbe cominciare l'avventura vera e propria. Fantasmagorici i viaggi in questi bus strapieni di gente, e che gente, fighe, bambini, occhi che parlano.

h 23.20
Avevo sottovalutato le peculiarità dell'Hotel Principe. Intanto abbiamo uno spifferino magico da 10 x 50 cm. Nella stanza accanto trombano urlando e la traversa è la zona a luci rosse. Si preannuncia una notte tranquilla. Per fortuna sto morendo di sonno.



Per ottenere il permesso dovevamo attendere qualche giorno, fare professione di pazienza, e allora abbiamo deciso di spendere qualche giorno alla deriva, preso un autobus verso una destinazione qualunque e via. Siamo finiti in una località abbastanza insignificante, Ciudad Quesada (credo che Quesada significhi “formaggio”), e poi da lì siamo risaliti verso il vulcano Arenal.
Alle pendici del vulcano l’industria del turismo ha fatto nascere il paese di Fortuna, una manciata di baracche in uno scenario che sa molto di Africa. Qui un ragazzino di tredici, quattordici anni ci ha trovato un posto dove alloggiare e ci ha venduto un tour del vulcano, dopo la solita contrattazione feroce del Petroz. Lì per lì mi sono sentito un po’ deluso, ma forse era lo squallore del paese ad ammosciarmi. A ripensarci, e vedendo le foto, si è invece trattato di qualcosa di notevole, il vulcano, la laguna, le piscine termali, gli americani. Il viaggio in autobus è stato faticoso ma piacevole, un’autentica botta di vita, di impressioni, sensazioni. Il ritorno a San José è stato celebrato in quella specie di bordello dell’Hotel Principe. Il giorno seguente, dopo molte insistenze siamo riusciti a strappare il permesso ed è stato davvero una cosa mitica. Poi abbiamo salutato Jennifer senza sapere che quella sarebbe stata l’ultima volta e siamo partiti per l’Avventura vera e propria.

Il permesso

21 gennaio h 7.42 a.m.
Palme, mare, pace, caldo tropicale. E' la cabina #8 Brisas sul mar, a Puerto Jimenez, Penisola di Osa, uno dei posti più sperduti del mondo, la "frontiera". L'altra notte il vicino di casa ha trombato quattro volte, e non poteva mancare questa chicca in un viaggio in centro America dormendo in pensioni di second'ordine. Per non parlare degli autobus, della gente che strombazza il clacson a tutte le ore. Non è che sto dormendo molto, ma sono troppo eccitato, troppo desideroso di vedere questi posti. La mattina, dopo una meritata colazione abbondante con pinto con huego (riso e fagioli con l'uovo sbattuto sopra, il cibo qui è veramente down, non riesco a mangiare, stavo morendo di fame. Per fortuna prendo le vitamine) siamo andati al Ministero e grazie all'intervento del gentilissimo Sergio Leon ci hanno rilasciato il permesso in triplice copia. Corsa a casa, sistemazione della macchina fotografica inceppata all'Arenal, acquisto inutile della pila nuova (7,5$), spesa 25$ e corsa alla stazione dei bus, tra tipi loschi e tassisti idioti. Viaggio di 9h e 15 minuti fino a qui, per strade sempre più imboscate e sperdute, abitazioni che diventano baracche, Costa Rica che diventa più genuino e Coca-Cola che impone il suo marchio in ogni dove, perfino negli angoli più sperduti. Abbiamo preso queste cabine sul mare, che in questo punto preciso è una laguna, e cena discreta dai cinesi qui accanto, con Petroz che si è fatto spaghetti alla carbonara. Decenti, pare. La gente qui mi sembra più sorridente e più simpatica. I cinesi, se ho capito giusto, c'è il ragazzo che veniva qui a studiare e si è portato dietro la famiglia. In bus abbiamo trovato un italiano e la madre che vengono qui da 7 anni, perché è un posto tranquillo. Mah... Da Milano? Dalla Cina? Intanto sono qui ponato ad aspettare che il Petroz si alzi, cullato da una eccezionale brezzolina con vista eccezionale e il canto di non so che uccelli, pappagalli mi pare e altri, e gechi dappertutto. Siamo alla soglia della foresta pluviale con la sua bellezza e i suoi pericoli. Riflettevo ieri, prendendo spunto da Tiziano Sclavi in un suo albo, che possono esserci tanti paradisi e tanti inferni, e forse siamo in un posto dove la differenza tra i due è sottile.

h 12.30 a.m.
Caldo becco. Il sole dei tropici non scherza. Sto sudando come una fontana. Come prevedibile, il permesso non ci ha aperto tutte le porte del paradiso. Abbiamo scaricato un po' di roba a Carlos Polanko, all'ufficio del parco qui a Puerto Jimenez e tra un'ora partiamo per Carate, 45km e poi a piedi fino a Leona, 3,5km, finalmente dentro il Corcovado. Speriamo entro il tramonto.


22 gennaio h 2.40 p.m.
Stazione di La Leona, Parco del Corcovado, tra l'Oceano Pacifico e la foresta pluviale. Eccezionale. Sembra di vedere una di quelle cartoline dei tropici, invece ci siamo davvero. Sento che potrei stare qui una settimana senza stancarmi. Petroz come al solito è riuscito a scroccare una cabina dove dormire. Così anche oggi senza tenda. Ieri abbiamo fatto la strada in autocarro dietro, come i militari, per uno sterrato con vari guadi e uno spettacolo intorno. Qui la gente è piuttosto cordiale. Ieri siamo riusciti a scroccare anche un po' di cena, da bere, e giocato a carte con la responsabile qua, Ana, e un po' di amici suoi che la sera vengono a trovarla. Mi hanno anche scassato la pila nel tentativo di aggiustarla. Chissenefrega. Finché non servirà. Stamattina abbiamo risalito un rio per un bel pezzo, abbiamo visto l'Amorfo Blu, gli Ara Macao, i Pellicani, qualche Scimmia e animaletti vari. Pranzo, bagnetto e conosciuto una figa imperiale, Carolina, alta, mora, due occhi blu che brillavano e un sorriso come il paradiso. Il pericolo grosso qui è la disidratazione, perché si suda parecchio e non si sa se l'acqua è buona. Ma l'abbiamo quasi finita per cui proveremo. Domani ci aspettano 16km di passeggiata fino alla stazione di Sirena, al centro del parco, dove ci sono ricercatori e, come direbbe il Petroz, via dicendo. Due volontari tedeschi stanno qui a girarsi i pollici. Lui si lamenta perché pur essendo un volontario deve pagare per mangiare, lei vorrebbe provarci con chiunque ma è troppo cesso. La cosa strana è che la bellezza del luogo non mi sconvolge, e penso neanche il Petroz. L'Oceano fa un rumore bestiale.

Costarica - La Leona

23 gennaio h 4.15 p.m.
Com'è dura l'avventura. Sveglia alle 4, partenza alle 4.45 a.m. destinazione Sirena, carichi e tutto con 4 litri di acqua. Partenza alla luce della luna e delle stelle, felici e baldanzosi. Spiaggia, rocce, foresta, spiaggia, foresta, promontorio, immancabile acquazzone tropicale, spiaggia, foresta, spiaggia, guado, spiaggia, foresta, stazione di Sirena, dopo 8 ore esatte. Il guardiano dei cessi ci ha fatto pagare anche per La Leona. Abbiamo l'esatta misura ci cosa serve il permesso. Sembra che ci siano molti più animali qui. Siamo un po' finiti. Schiena e piedi sono a pezzi. Non so come si farà domani fino a Los Patos. Fino ad ora anche con il cibo si va male. Chissà come ritornerò. Dopo La Leona non mi sento contento qua.

Costarica - La Leona

Caro Nicola,
a distanza di alcuni mesi ho ripreso in mano il piccolo quadernetto che custodivo nella borsa della macchina fotografica. Allora incuriosito ho sbirciato all’interno ed ho trovato un piccolo scritto di uno dei giorni della Nostra quasi irreale avventura. Allora ho pensato perché non mandarglielo al Bertoz. Sai per me quella vacanza è stata davvero particolare e solo adesso come ti dicevo l’altro giorno ne sto assaporando con gusto tutte le sensazioni, i profumi, le emozioni forti che abbiamo condiviso. Ah! Ho sempre pensato che le cose vanno dette senza dimenticarsi magari di fare dei complimenti alle persone a cui teniamo. Quindi ti volevo dire che sei stato un ottimo compagno di viaggio e davvero mi sono trovato molto bene in tua compagnia soprattutto penso per il rispetto che credo entrambi abbiamo dimostrato nei confronti dell’altro.

23 Gennaio 2003
“Finalmente trovo il tempo per scrivere le emozionanti avventure di questo viaggio entusiasmante. Sono le 17 e mi trovo forse in una delle riserve naturalistiche più sperdute e remote del globo.
Nicola ed io siamo arrivati praticamente distrutti alle 12 e 45 dopo una camminata di 8 ore. Abbiamo attraversato da soli la giungla, costeggiato il tumultuoso Oceano Pacifico, guadato un fiume densamente popolato da caimani e tiburones e finalmente siamo giunti alla Sirena del Corcovado costeggiando una pista d’atterraggio. Forse adesso non è il momento ideale per descrivere con dovizia di particolari questa incredibile avventura perché ho la schiena dolorante ed il pisello raggrinzito. Sono sicuro però che questi giorni li ricorderò per lungo tempo.
Che emozione ragazzi fare il bagno accompagnati dalle maestose onde di questo Oceano che offre davvero dei paesaggi, albe e tramonti quasi irreali. Vegetazione simpatica, animali che sbucano da ogni angolo, rumori non familiari ma amichevoli. Profumi da percepire. Natura amica e sovrana. E’ lei che regola il tempo. Siamo fortemente condizionati dal suo divenire e manifestarsi tant’è che ceniamo alle 18 e poi a letto presto per potersi svegliare la mattina alla ricerca di animali e sensazioni a noi ignote.
Avventura avventurosa!
Incredibilmente bello!
Spero di cuore che anche per il Bertoz sia così!”.


25 gennaio h 5.00 p.m. Ho la febbre. Strano essere in un posto così caldo, vedere le palme e sentirsi indolenti. Ieri sveglia alle 5.30 partenza alle 6.20 a.m. e arrivo a Los Patos alle 13.10 dopo 20km di giungla pura, e l'incontro con una tarantola al rio Sirena (?). Los Patos ci è piaciuto molto, uno bello spiazzo verde e soprattutto un'atmosfera piacevole, divertente, rilassata. Un po' a malincuore siamo partiti con due tedeschi e un gringo, destinazione Guadalupa, altri 8km, 37 guadi. Siamo arrivati con le prime luci della sera, siamo saltati sul camioncino di un locale e giù a La Palma, appena in tempo per prendere il bus per Puerto Jimenez. I tedeschi sono molto simpatici, anche loro sono tree climber. Ieri sera poi pizza da Antonio con i tedeschi e stanotte sono stato male, febbre poi Zerinol, tentativo di colazione, febbre, Zerinol, Aulin, sto così così, un po' preoccupato ma non dovrebbe essere niente di grave. Dimenticavo della gita da La Leona a Sirena le orme del giaguaro, i coccodrilli al guado, Fabio, il marinaio italiano con le infradito con molto grip.


27 gennaio h 8.37 a.m.
Ieri ho cominciato con gli antibiotici, l'Amoxicillina e mi è passata la febbre. In compenso continuo a pisciare dal culo ed è una strana esperienza. Anche l'odore delle score è nauseabondo. Il Petroz pure è stato male, più o meno nello stesso modo. Finché restiamo in queste condizioni non ci sentiamo di spostarci da Puerto Jimenenez. Ieri ho sognato di essere un Amorfo Blu e di volare tra mare e cielo. Non riesco a connettermi a Libero e ho cominciato a usare la posta del DEI. Speriamo che almeno quella funzioni. L'umore non è male. Siamo riusciti a farci quattro risate e a raccontarci la storia della nostra vita.

Costarica - Puerto Jimenez


Raramente mi sono tirato indietro dalla sfida con l’Ignoto. E’ una di quelle cose che esercitano su di me un fascino irresistibile, come una bella ragazza, una battaglia a palle di neve, una partita di calcio (giocato), un giro in moto sui colli, la crostata di ricotta quando è fatta bene, come a Lignano.
Mentre l’autobus scendeva giù verso Puerto Jimenez e si addentrava sempre più in luoghi remoti e selvaggi avevo la percezione di ciò cui andavamo incontro, ma la tenevo distante, come fosse una distrazione pericolosa. Anche ora intuisco soltanto la dimensione di quello che abbiamo affrontato e mi ritrovo incapace di raccontarlo.
Non avrei mai immaginato un posto come La Leona, semplice e meraviglioso, con quelle due baracche al limitare della giungla e l’Oceano, caldo e potente, e la sua voce grossa che sovrasta ogni altro rumore, e un cielo così sfavillante di stelle da rendermi incapace di riconoscere le costellazioni note. Non avrei mai immaginato l’incontro con l’Amorfo Blu, questa farfalla dalle ali blu cobalto, così rara e preziosa da diventare uno dei simboli del paese. Non avrei mai immaginato di trovarmi tremante e privo di forze lungo la strada per la stazione di Sirena, né di sfuggire per un soffio ad un tete a tete con una pelosa tarantola, né di decidere la direzione ad un bivio nel folto della giungla solo con l’ausilio di una bussola. Non avrei mai immaginato il brivido di rendermi conto che, viaggiando in condizioni limite al limite delle forze, se ci fosse successo qualcosa, anche di molto banale, come una storta o l’incontro con qualche animale, sarebbe stato molto molto complicato venirne fuori. Dobbiamo ringraziare la nostra buona stella che la febbre e la diarrea ci hanno colpito solo qualche ora dopo il nostro ritorno (fortunoso) a Puerto Jimenez. Eppure è successo, ed è stato terribile e fantastico, come ogni grande Avventura che si rispetti. Per una settimana della nostra vita abbiamo zompettato incoscienti intorno alla vaga linea di confine che esiste tra paradiso e inferno, dall’altra parte dei concetti.
Fantastico ma un po’ troppo terribile per riprovarci. Passi per la fatica bestiale di attraversare spiaggia, rocce e giungla con il nostro zaino ipertrofico sulle spalle e il caldo tropicale sui polmoni e sulla pelle. Passi per la concentrazione costante necessaria per evitare ragni e serpenti nella giungla e squali e caimani ai guadi. Passi per il cibo e l’acqua largamente insufficienti. Questo ci sta. Ma i cinque giorni a febbre anche alta e diarrea non sono stati un granché come esperienza, specie sapendo che quando è tosta (e quella lo era) si può anche morire per disidratazione. Quando siamo ripartiti da Puerto Jimenez io avevo perso 6-7 kg e Simo una decina. Ci voleva un break.


29 gennaio h 11.14 a.m.
Siamo sbarcati ieri sull'altra costa del Costa Rica, dopo 13 ore di autobus, a Puerto Limon, un paese che sembra il parente (molto povero) della Giamaica. Stiamo per partire per Puerto Viejo, alla caccia di Jennifer, la tedesca. E lì dovremmo ritrovare anche Fabio, il marinaio italiano che ci ha invitato in barca da lui, anche la Barcolana. Ieri abbiamo conosciuto, anzi mi ha abbordato una francese di origine marocchina che vive a Londra ed è agli ultimi quattro giorni di un viaggio che dura da un anno, con un biglietto aereo che con due milioni e due fai sette viaggi per ogni dove e parla 7-8 lingue, correntemente almeno francese, spagnolo, inglese, arabo e un po' di italiano, ha studiato commercio internazionale e s'interessa delle politiche del mondo. Dice che a Londra si può fare carriera in fretta.
Abbiamo attraversato le piantagioni di banane, nel coast-to-coast, Del Monte, Chiquita, Dole, una attaccata all'altra; è cambiata vegetazione, musica, facce della gente, qua ci sono molti più neri, più caraibi. Spero però che dove andiamo sia meglio, e non così caro come ci dicono, dovrebbe essere paese di surfisti, e di barriera corallina. Suad, intanto, ci fa fare quello che vuole. Ha scelto l'Hotel, gli abbiamo offerto la cena, ci ha portato al mercato stamattina e ora ci sta facendo aspettare per partire. Non ho detto forse del nuovo inceppamento della macchina fotografica, che ho relegato in fondo allo zaino. Bea merda. Stiamo un po' meglio. Stamattina cagata regolare e venti di solidarietà dall'Italia. Qua le donne fanno proprio cagare.

h 2.37 p.m. Puerto Viejo. Un pugno di baracche meno squallide del solito, palme a profusione a un passo dal mare. Con tutti 'sti negri fa molto Africa. Suad mi ricorda un po' la Laura Abbascià. Mi sorprendo di come mi sono adattato ai viaggi in bus, ormai non li sento più, dormo, se il paesaggio o la gente non è abbastanza interessante. In qualche modo preferivo il Pacifico, mi dava una maggiore idea di purezza. Qui sarà l'odore, gli insetti, l'umidità un po' più opprimente... però lo preferisco rispetto a Puerto Jimenez (anche se non rispetto a La Leona), mi sembra più intimo, più tranquillo, meno squallido, anche se vari Bob Marley strascicano i piedi con aria vagamente sinistra. L'odore è quello "da freschin", in effetti sono proprio a 12-13 metri dal mare e ogni tanto il pancino da segnali di turbolenza. Nessuno fa il bagno, almeno qui. Perché? Ho appena intravisto due persone. Eppure il tempo è perfetto, appena qualche nuvoletta che smorza il duro sole tropicale. Vedo se qui riuscirò a sistemare lo zaino, a prendere un po' di sole deciso e a recuperare qualche chilo. In teoria dovremmo avere una cucina. Il Petroz è andata a caccia di cabine con Suad. Lei vuole solo risparmiare, il Petroz dipende dai giorni. E' mezz'ora che sono via. Mangio.

h 16.30
Hotel Dolce Vita, cabina da tre, fine degli italiani fessacchiotti. Non ci crederà nessuno, tranne che il Martin, che sa come vanno queste cose.


30 gennaio h 8.45 p.m.
Ci siamo trasferiti, noi tre, in un baracca per conto nostro, con due letti a castello, uno semi-matrimoniale, cucina e bagno. Siamo scesi molto di livello rispetto a ieri, diciamo che siamo rientrati nella normalità. Però oggi ci siamo cucinati una pasta, fatto il sughetto con i pomodori, ed è forse il primo giorno in Costa Rica in cui abbiamo mangiato una quantità di cibo normale. Oggi siano andati alla spiaggia dei surfisti, e ci siamo fatti pettinare per benino dalle onde, anche piuttosto pericolosamente. Ho bevuto parecchia acqua di mare. Abbiamo apprezzato i Tacos (e fish) messicano e le Empanadas Argentinas. Piccolo paradiso questo. Ah! Abbiamo chiamato il numero che ci aveva dato Jennifer e una tipa ci ha detto che è ritornata a San Josè con il suo amico Cristian. Petroz si è deciso a chiamarla dopo molte indecisioni e le solite cazzate sul destino. Qui sembriamo una famigliola felice, ma nessuno tromberà, sono convinto sempre di più che assomigli alla Laura Abbascià. Sto ripassando il Francese. E che discorsoni. Anche Spagnolo, Inglese, Italiano...


1 febbraio h 7.15 p.m. Siamo andati a Cahuita, al parco che c'è lì con le francesi. Siamo in quattro adesso anche con Sandina, ma è meglio dimenticare. Subito un Bradipo Peressoso, che si fa toccare e si muoveva lentissimo su un alberello. Poi il parco, con specie di paludi rosse e radici che sembravano zampe di ragno, due branchi di scimmie cappuccino che hanno ciullato mezza banana a Sandina, il falco, la scimmia ragno, le formiche de fuego, gli avvoltoi, il ritorno a casa in autostop. Faccio un appunto su Puerto Jimenez, l'americano che ci ha portato a vedere i caimani che quando lanciava i pezzi di carne scoreggiava.
Ieri sera a giocare a domino (dopo una giornata in bici con lucchetto perso fino alle bellissime e tranquillissime spiagge di Manzanillo) come i negroni locali e con Remì-Totò, che sta organizzando un progetto di tutela ambientale, una farm agricola vicino al Chirripò. Abbiamo imparato la ricetta dei Guacamoles (4 avocado, 1 pomodoro, mezza cipolla, limone e sale) e andiamo pazzi per i Tacos e fish. Domani dovremmo partire per il Tortuguero.



Abbiamo tagliato il paese in due, attraversando foreste, montagne, altopiani, piantagioni di banane, in un coast-to-coast con il timore latente di un altro attacco fulminante. Siamo sbarcati sulla costa caraibica a Puerto Limon, la città più grossa di questa parte del paese, ed è anche un porto, e come tutti i porti è una zona un cincinin più pericolosa delle altre.
Pochi minuti dopo essere scesi dal bus, mi si avvicina una ragazza e mi chiede se possiamo cercare una stanza dove dormire insieme per dividere le spese. E’ stato un avvenimento che mi ha destabilizzato, perché la ragazza era piacevole. Ho passato le ore successive a chiedermi se per caso non stavo uscendo dalla mia dimensione per fare un giro nella dimensione di “quello che capita agli altri” o la dimensione dei film, che è un po’ la stessa cosa. Nei giorni successivi ho invece capito che si era trattato di una scelta consapevole mirata, di una ragazza in gamba che, abituata a doversi arrangiare e ad affidarsi agli altri nelle situazioni più disparate, ha sviluppato come i migliori venditori la facoltà di comprendere il genere di persona che si ha di fronte da poche occhiate. Nel mio caso gli è bastato un attimo per capire chi ero o, almeno, chi non ero. Pensare che altre persone restino mesi o anche anni con un atteggiamento diffidente nei miei confronti, lascia inevitabilmente una scia di emozioni negative. Ma ognuno ha le sue storie, i suoi motivi, i fantasmi con cui convivere, non c’è nulla da fare.



“In ogni grido d’ogni uomo
in ogni strillo di bambino,
in ogni voce, in ogni bando
odo i ceppi forgiati dalla mente.”
William Blake



Abbiamo convissuto discretamente affiatati per quasi una settimana e un paio di giorni pure con la sua amica Sardina che, oltre ad essere terribilmente schiva (Deo gratias) e un emerito cesso, possedeva anche una formidabile arma di difesa contro i malintenzionati (?), puzzava come formaggio di capra rancido e ormai in decomposizione. Ricordo ancora con angoscia una volta che per andare dalla cucina la bagno dovetti passarle accanto e fui sul punto di svenire. No, non era la dimensione dei film quella…

E’ stato in quei giorni di sano recupero che ho avvertito il desiderio di condividere con altro oltre che con il Petroz la bellezza che mi stava intorno, le onde giganti della barriera corallina, tramonti da baie incantate, l’incontro con il branco di scimmie, gli squisitissimi tacos e fish del cuoco argentino…


2 febbraio h 11.45 a.m.
Stazione degli autobus di Limon. Ieri sera scorpacciata di Tacos e Fish, gran cenetta, con acquisto di collanina da italiana in crisi che ha girato il mondo e ora ha il marito in depressione. Dimenticavo i coralli tirati su al parco da distribuire al popolo. Notizie su un razzo, un aereo, Bin Laden. Preferisco non sapere niente. Dovremmo stare per lasciare definitavamente Suad e questa zona del Costa Rica.


Thank you for enlightening my last few days of this trip with the warmth of your "sunshining" smile.
Ci vediamo.
Suad


h 7.56 p.m.
Hotel El Tropico, stanza 105, Cariari. Abbiamo tentato di arrivare al Tortuguero ma non ce l'abbiamo fatta, per colpa di un tassista un po' troppo furbo e di un bote un po' troppo veloce. Comunque siamo giunti per strade sterrate fino a Casas Verdes, un villaggio di raccoglitori di banane sul Rio Suerte, dove si prende il bananero. Sembra che siamo arrivati troppo tardi. Così in cerca di un telefono per contattare il bananero o l'ufficio, ma quello pubblico è guasto, allora cerca un amico con il cellulare e via con le chiamate, casini, non capisco un cazzo, litigio con il tassista, ritorno a Cariari, dato che la permanenza lì sembra pericolosa. Alla fine chiede anche il ritorno ma il Petroz gli da meno di quello che ha pattuito all'andata, 12$. Lui va a parlare con il tipo delle cabine dove c'ha portato, noi cambiamo aria e veniamo qui. Speriamo non ci siano ripercussioni.



Lasciando Puerto Viejo ci siamo anche separati da Souad, noi lanciati verso il Tortuguero, lei verso San José e por Parigi. Raggiungere il Tortuguero non è semplice, nonostante la Lonely Planet e un discreto flusso turistico. Ci sono solo due possibilità: o imbarcarsi a Puerto Limon (che sarebbe stato più semplice e più costoso) oppure attraversare le piantagioni di banane e farsi dare un passaggio dal bananero, una barca a motore che viene utilizzata per trasportare le banane. La zona delle piantagioni è discretamente malfamata, a causa della forte immigrazione nicaraguense, che viene combattuta duramente in ogni zona del paese tranne questa, dove sono le multinazionali a dettare legge. Le strade sono per lo più sterrate e ai confini delle piantagioni posti di blocco della polizia privata fanno in modo che ogni persona compia un percorso di disinfezione, per evitare che agenti patogeni attacchino le piantagioni. Proprio qualche giorno fa ho sentito parlare di una violentissima epidemia scoppiata in tutto il sud America, e i più pessimisti parlano di rischio di estinzione della specie delle banane, almeno in America.
E’ successo questo.
Siamo arrivati a Cariari, l’ultimo paese prima delle piantagioni, che era ormai metà pomeriggio, e l’ultimo bus per l’imbarco del bananero era già partito. Impazienti di arrivare, ci siamo fatti convincere da un tassista di poter raggiungere il bananero delle 17, e il Petroz si era accordato che l’avremmo pagato solo se avessimo preso la barca. Non sapremo mai veramente se quel bananero sia passato o no. Noi alle 17 in punto eravamo all’imbarco, ma non c’era nessuno. Mentre il Petroz restava al molo pronto a bloccare la barca nel caso fosse passato in ritardo, il tassista mi portava un po’ più indietro, alle Casas Verdes, una lunga serie di prefabbricati dove vive chi lavora alle piantagioni. Il telefono pubblico era rotto, così il tassista ha cercato un suo amico (?) in zona e si è fatto prestare il cellulare. Così abbiamo chiamato il capitano del bananero, il quale sosteneva che la barca era già passata e ci proponeva una corsa speciale a un prezzo altrettanto speciale. Con il senno di poi ci sarebbe convenuto accettare, forse, ma la situazione sembrava un po’ troppo losca e pensavamo di passare la notte nella zona del molo. Solo che gli sguardi della gente del luogo, le parole oscure del tassista, non promettevano nulla di buono. Mentre tornavamo indietro a Cariari attraverso le piantagioni e nuvole di polvere, esausti per la giornata e il viaggio (arrivavamo da Puerto Viejo, quasi dall’altra parte del paese), si poneva il problema di regolare i conti con il tassista. Secondo gli accordi non avremmo dovuto lasciargli niente, dato che la barca non si era vista, ma era impensabile dato che ci aveva portato a spasso per tutto il pomeriggio.
Con il buio Cariari aveva un’aria più brutta e soprattutto più sinistra di come l’avevamo lasciata il pomeriggio. Di fronte a una stamberga si consumava la trattativa con il tassista. Quello chiedeva l’andata, il ritorno e la telefonata, il Petroz pagava solo l’andata e il tassista invece di trattare parlava furiosamente con il titolare della pensione e se ne andava in una nuvola di minacce. Immediatamente ci siamo levati da lì, tentando in qualche modo di far perdere le nostre tracce, cosa piuttosto improbabile, aggirandoci con i nostri zaini ipertrofici in quel piccolo e squallido paese. Quasi ad ogni angolo buio qualcuno cercava di abbordarci per romperci le palle. Nel nostro immaginario si solidificava la paura che il tassista ci venisse a trovare con un gruppo di amici robusti per farci la festa o peggio ancora. Solo all’interno dell’albergo abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Alla reception poi c’era una biondina carina che avrei passato la notte lì. La mattina è comunque arrivata senza particolari paturnie. A cosa sarebbe servito ? Mentre poi andavamo verso la stazione dei bus e ci arrischiavamo quasi a pensare di poterla fare franca (sarebbero bastati ancora pochi minuti), eccoci incrociare il tassista e la polizia che ci davano la caccia. Abbiamo rifiutato il passaggio alla centrale (si raccontano molto brutte storie a riguardo) e intavolato una nuova feroce trattativa. Ma gli uomini in divisa ruminavano a braccia incrociate il solito ritornello, e dopo un po’ abbiamo capito che c’era poco da fare, così abbiamo gettato al tassista i suoi cazzo di 11$ (guarda per che cifre rischiamo di finire nei guai) e ce ne siamo andati.
Discutendo poi del fatto con la bigliettaia del bus, questa ci assicura che non esistono corse del bananero alle 17, cosa che fa infuriare il Petroz come un toro a cui abbiano appena strizzato i maroni, per cui mi lascia la roba e torna alla centrale. Non so bene cosa sia successo là dentro, ma quel che è sicuro è che i soldi non ce li hanno più dati indietro e il bus l’abbiamo preso all’ultimo secondo. Il capitano del bananero poi, per venirci incontro dopo tutte le nostre peripezie, ci ha fatto un prezzo speciale, talmente speciale da essere uguale a quello normale.


3 febbraio h 3.20 p.m. Cabinas Tortuguero, al Tortuguero. Ieri dopo una cena a base di dolci, data la scarsa affidabilità di Cariari, con la varia gentaglia e la prima puttana che ci ha avvicinato, abbiamo dormito. Stamattina mentre andavamo alla stazione degli autobus per strada abbiamo incontrato il tassista con la polizia. Discussioni infinite, scaricabarile, infine parte l'autobus e paga altri 11$. Per il bus abbiamo conosciuto una coppia svizzero-italiana. Lui, fisico, lavora alla IBM a Zurigo e ha decantato le qualità di Linix-Unix, sostenendo che un esperto Unix trova lavoro ovunque. Poi Bananero, il quale non ha voluto sentire ragioni, e giù altri 20$. Però il viaggio in bananero ci è piaciuto e anche il Tortuguero non è male, o almeno sembra. Solo che stiamo lasciando giù una cifra. 25$ e un pranzetto gamberoni, pizza, insalata di frutas e frescos. Buonissimi, però. Forse intanto è saltata la gita in canoa. Ste cabine sono gestite da un italiana, e il fascino inconsapevole del Petroz agisce.


4 febbraio 1.30 p.m. Cabinas Tortugero #3, amaca. Relax dopo giro in canoa con Boni (15$ a kranio) nel parco con visione di vari animali, tra cui un culebra giallo velenoso, una rana roha velenosa, un piccolo coccodrillo, un martin pescatore che pesca, uccelli, scimmie. Mi sto un po' abituando a queste visioni. Colazione alla Casona, come ieri, dove cucina un nicaraguense veramente bravo, anche se un po' caro, ma giustamente (e se lo dico io...). Ieri sera cena da Morena e Boni, pasta dolce ma buona e chiacchierata politica sociale e internazionale. Sul Vaticano, inutilmente Boerdin contro tutti. Ieri pomeriggio Morena ci ha anche proposto di prendere gratis in gestione il ristorante, ma non c'ho pensato seriamente nemmeno per un momento, anche se ha qualcosa di affascinante la proposta. Qui è troppo piccolo per me, ho in mente Londra, Unix, un pacco di avventure, il Brasile, il Canada, l'Africa. Con la colazione abbiamo anche fatto la conoscenza di Fernando, detto Kaki, un balordo che fa un po' di tutto per 12$ al giorno in un lodge qua vicino, che per una specie di giro turistico del pueblo ci ha chiesto una birra. Il tipo di Morena è davvero un bel tipo, ha un sorriso, delle espressioni del viso che ti mettono veramente allegria. Qui il posto è carino, mediamente curato, tranquillo, tra fiume e mare, e abbiamo anche trovato bel tempo, dopo che ha piovuto per una settimana intera. Anche dalla cena di ieri è venuto fuori un quadro politico di corruzione, di giustizia difficile, di forte immigrazione nicaraguense, di droga anche qui, di pochissima voglia di lavorare, di padri che violentano le figlie, di una bambina di 9 anni che è rimasta in cinta e l'arcivescovo sta decidendo se può abortire o no.



Il giro in bananero è stato piacevole e ci ha fornito anche qualche insegnamento sulle stile di guida. Il fiume presenta ostacoli di ogni sorta, tronchi, secche, massi, e non rovesciarsi è abbastanza importante, dato che se devo incrociare un simpatico caimano, preferisco farlo sopra una barca piuttosto che nell’acqua. La tecnica era tutto sommato semplice. Quando incontravamo un ostacolo prima il conducente vi puntava contro in modo da prendere bene le misure e poi cambiava direzione. Niente facile. Chissà se funziona anche nella vita.
La nostra permanenza al Tortuguero è stata breve, ma non senza importanza.
Uno, per la particolarità del luogo, questa laguna folta di vegetazione dove le tartarughe in maggio vengono a deporre le uova, molto affascinante.
Due, per come abbiamo mangiato alla “Casona”. In un paese privo di tradizione culinaria come la Costa Rica, trovare un angolo di delizie come quello ci è sembrato qualcosa di “magico”. Io e Petroz ci siamo letteralmente ingolfati mangiando per quattro e fors’anche per sei, lasciando allibiti la maggior parte degli altri avventori.
Tre, per la proposta di Morena di aprire un ristorante e restare là. Morena in Italia faceva la cassiera in un supermercato e aveva la psoriasi. Veniva da un lontano passato di parrocchia e da uno più recente di sinistroide militante, in cui aveva partecipato a più battaglie per i diritti umani, era stata in Nicaragua negli anni più difficili a denunciare la politica criminale degli States. In Italia faceva una vita piuttosto alienante e nessuna cura e nessun dottore erano riusciti a liberarla dalla malattia. Dopo 20 giorni di lavoro in Costa Rica la psoriasi era scomparsa da sé, per mai più ritornare. Aveva sedotto un bel tipo del luogo e si era messa in affari. Ci lanciava la sua proposta. In fondo non eravamo andati lì anche per quello, per valutare la possibilità di vivere in un altro modo e in un altro luogo ? Più rilassato, più a misura d’uomo, più semplice, a contatto con la natura ?
Quattro, per come abbiamo sventolato il permesso a destra e a manca, facendoci portare in giro di qua e di là e promettendo di informare il Ministero del loro buon operato e della loro gradita collaborazione. Forse, se avessimo avuto tempo e voglia, lo avremmo anche fatto.


Costarica - Zona del Guanacaste

7 febbraio h 6.44 a.m.
Comedor del Parco Santa Rosa. Siamo andati via dal Tortuguero il 5 mattina, dopo una gita sul Cerro da 10$ e cena alla Casona con Cristophe e Gabriella, Boni e Morena, ancora su politica, scienza e via dicendo. Dopo 11 ore di viaggio siamo giunti a Liberia, abbiamo alloggiato all'Hotel Guanacaste e con la scusa del permesso il Petroz è riuscito a farci pagare 20$ al posto di 30$ per un posto cessoso al #9. Abbiamo cenato alla pizzeria El Beppe, cara e italiana, Beppe è un romanaccio sbregato. Liberia è forse la città più bella del Costa Rica, dignitosa, verde, tranquilla, sicura. La mattina del 6 ho cambiato i Travel al Banco Nacional in 45 minuti buoni, poi alla stazione dei bus un tizio per 6000 colones ci ha portato all'ufficio del Parco, a 7km dall'ingresso sull'InterAmericana. Qui ci siamo spacciati per i naturalisti con Roger Blanco, Juan Carlos Carrillo e la gentaglia qui, Petroz ha rotto i coglioni all'inverosimile per farsi portare in giro, e il pomeriggio ci hanno intrattenuto 2 ore sull'unica battaglia della storia del Costa Rica, 20 minuti, in 1000 contro i 400 di William Walker. Poi Juan Carlos ci ha fatto fare un giretto spiegandoci un po' di robe. Dato che non siamo riusciti a ottenere di più, e non abbiamo i maroni di farci a piedi i 12km fino alla spiaggia dovremmo andarcene per Montezuma. Siamo nell'unica foresta tropicale secca del Costa Rica, fa molto caldo e c'è molto vento, qui il verde ha lasciato il posto ad altri colori, il giallo, l'ocra, il marrone. La foresta non è primaria, perché è Parco dal 1971 e prima c'era molto disboscamento, abbiamo visto un cerbiattino, iguane, una specie di puzzola, una scimmia ferita, vari uccelli colorati. Ci hanno sistemato nella stanza 61 in un edificio ai margini della foresta, pareva non ci fosse posto, ed eravamo i soli, forse il momento in cui siamo stati più soli con gli animali.

h 6.44 p.m. Cabinas Mar y Cielo #1, Montezuma.
Ponato sotto il portico davanti la cabina, a 15 metri dall'oceano, separati da lui solo da qualche palma, ci rilassiamo. Stamattina Juan Carlos ci ha portato all'ingresso del Parco. Non abbiamo pagato la stanza perché ospiti del Ministero, ci ha salutato Marta Maria nel suo vestitino rosa che gli avremmo dato volentieri una megatrombata spaziale. Dopo 45 minuti di inutile attesa del bus ho cominciato a fare l'autostop e dopo altrettanti 45 minuti si è fermata una carretta, probabilmente anche per la contemporanea presenza di due tipe del parco. Dietro tra le arance fino a Liberia. Bus stillicidio, con fermate ogni pisciata di cane e 4 controlli della polizia, 3 ore e mezzo fino a Puntarena, taxi al porto, traghetto al volo, Bus fino a Montezuma, pensioni tutte occupate tranne questa. Docciati e ora in mutande sotto il portico, con tipo con due tipe appena passato. Il Petroz assapora già il gusto di una pizza. Tanto per cambiare.


9 febbraio h 8.13 a.m.
Il riposo degli eroi. Continuiamo a rilassarci. D'altra parte, non c'è molto altro da fare. Unico luogo veramente festaiolo del Costa Rica e anche molto turistico. La musica va avanti fino alle 2, internet è carissimo, le cartoline no. Abbiamo incontrato Fabio, i due tedeschi del Corcovado (Peter e coso) e la Pamela dell'Arenal, che ha cambiato tipo, ora sta con un moro di Boston. Abbiamo mangiato molto bene, italiano e un po' caro, ieri scamorza affumicato con aragosta in un locale strafigo, luci soffuse, in riva al mare, su un tavolo di cinecero, sotto una capanna di palme... non si può descrivere, troppo bello.


10 febbraio h 9.30 a.m.
Continua il cazzeggio totale. Ieri sveglia tardi, saluti con i tedeschi, colazione con calma, cartoline, chiacchierata con Fabio sui luoghi del mondo, sogni e progetti di viaggi, riposino, panino, riposino, bagno al tramonto, cena con Fabio, scrutamento fauna, birra in discoteca con polipo USA e qualche figa. Pare che necessariamente si debba andare in Brasile per vedere posti, luoghi, persone, fighe. E la Tunisia in moto, e il giro del Meditteraneo, la Sardegna, la Corsica. Comincio un po' a detestare la superficialità che respiro in questi luoghi, l'odore del denaro, dell'interesse, del vendersi, forse anche un po' d'invidia per non sapersi mettere in gioco in un certo modo. Però questa è roba vecchia. Mi infastidisce molto il lato oscuro della semplicità, che sconfina nell'ignoranza, nella grettezza e percepisco come l'essenzialità priva del buon gusto sia squallida, e questo è un punto su cui voglio riflettere bene, perché sospetto sia la strada del senso della vita, un'essenzialità armoniosa, pulita, densa di significato.


11 febbraio h 8.57 a.m.
Ultimo giorno di relax. Domani si parte per San Josè, si fanno spese, si completano le cartoline. Ieri solito cazzeggio, con assaggio di crepes, non male. Sulle 4 siamo andati a fare un giro sulla spiaggia fino a un certo punto sugli scogli e abbiamo osservato smodate quantità di granchi, conchiglie, ricci, molluschi vari, che nel Caribe non c'erano. In definitiva, sentiamo di dire che il Pacifico è meglio, per il clima più secco, l'acqua più calda, le spiagge più grandi e sabbiose. Siamo ritornati alla zona dove si può fare il bagno, avendo incrociato anche qualche figa, e abbiamo giocato a farci trasportare dalla cresta dell'onda. Qualche volta è andata ed è stato piacevole, qualche volta abbiamo bevuto. Così fino ben oltre il tramonto. Poi ci siamo distesi a parlare sulla spiaggia e la luce della luna e delle stelle rischiarava bene la spiaggia. Si è parlato di rotte tra le stelle e segni del cielo, di destino e di scelte di vita, senza scoprire nulla, semplicemente acquisendo consapevolezza che il destino è nelle nostre mani, e che c'è una risposta. Perlomeno, "sentiamo" che c'è.



Qui in Costa Rica c’è di bello che l’integrazione è quasi perfetta, bianchi, neri, orientali, indigeni, rasta, giovani e vecchi convivono in armonia, giocano insieme a domino, ridono allo stesso tavolo. Forse le nuove generazioni si stanno facendo contaminare dallo spirito consumistico – occidentale. Fumano e bevono più dei genitori, forse più di loro cercano facili guadagni. E ascoltano musica internazionale. In uno degli infiniti viaggi in bus ho visto un costaricano e un canadese discutere per un’ora di musica davanti a dei cd, ognuno nella sua lingua, e capirsi, e non si erano mai visti prima, e non sembravano avere nulla in comune. Ho pensato al “Grande Boh”, a Jovanotti nel suo viaggio in Africa, quando fa amicizia in paesini sperduti senza conoscere la lingua, ma suonando la batteria. Potenza della musica.
E i bambini. Qui ce ne sono veramente tanti, dato che i goldoni sono scarsamente conosciuti e ancora meno apprezzati dal macho costaricano. L’uomo non è particolarmente preoccupato di lasciare in stato interessante una ragazza. La famiglia è sentita in modo molto diverso dall’Italia, una gravidanza non programmata è avvertita come un fatto scomodo ma naturale, come cambiare lavoro o mettersi gli occhiali, non una tragedia infinita. Qualcosa che capita, e in genere abbastanza presto, entro i vent’anni. Qualche volta gli uomini le sposano, qualche volta no. D’altra parte ci sono molte donne pronte a buttarsi tra le braccia e ad incastrare l’uomo danaroso.
In giro si trovano diversi predicatori folli che gridano e sbraitano che “Jesus es el senor”. La maggior parte della gente li tratta come se fossero elementi del paesaggio, ma qualcuno applaude, gli stringe la mano, fa un offerta e loro sono sempre contenti. Comunque nei nostri luuunghi e numerosi viaggi in bus abbiamo incrociato decine di volti incredibili, di una bellezza, espressività e intensità che non possono non conquistare.

Tornati a Venezia abbiamo ritrovato freddo e ansia, subito mi ha spiacevolmente sorpreso la sensazione di una netta differenza della velocità di scorrimento del tempo. Mi sono chiesto e continuo a chiedermi se esiste un posto nel mondo dove si possa trovare una via di mezzo, un posto dove sia facile viaggiare leggeri, con lo zaino pieno di poche cose importanti. Un posto dove semplicità e intelligenza e cultura (= armonia) si incontrino.

E, di tutti i posti meravigliosi che ho visto, specialmente sulla costa pacifica, devo dire che la bellezza dipende molto dagli occhi che indossi per osservarla.
Accanto alla papera della propria vita (la mia auto – identificazione con Paperino è ormai irreversibile) anche Sozzomarina Beach può diventare il luogo più fantastico del mondo.



13 febbraio h 4.10 p.m. Miami (ora locale)
Il primo volo è andato. Immancabilmente mi hanno perquisito anche a San Josè, mi hanno fatto anche togliere le scarpe. L'ultimo giorno a Montezuma è stato molto bello. Cazzeggio con cartoline fino alle 3, poi passeggiatona fino alla cascata che formava una piscina confinante con l'acqua. Abbiamo attraversato qualche spiaggia bellissima e fatto il bagno nella piscina. Siamo tornati con il tramonto e siamo giunti a casa che era buio, ma c'era la luna piena. Allora abbiamo fatto il bagno nudi e il solito gioco di farsi trasportare dalle onde. Doccia e poi cena al solito ristorante sulla spiaggia, dove ho mangiato la murena all'aceto, e siamo quasi riusciti a uscire con Iana, la chica argentina che serviva al ristorante (Playa de los artistas). Ieri tranquillo ritorno a San Josè, alla pensione La Cuesta del veronese, giro alla Casona a comprare i ricordini. Mentre passavamo in Plaza de la Cultura, ci è giunto l'eco di un divino mastro delle sei corde, che regalava meraviglie di Eric Clapton e altre magie. Per un momento mi è sembrato che le maree di gente che attraversavano San Josè acquistassero un senso, mi sono sentito come l'eletto che scorge la trama di Matrix. I sorrisi, i volti delle persone non erano più misteriosi, comunicavano in pienezza, tutto era chiaro e stavo veramente bene. Poi la musica è finita e l'incanto è svanito. Giri pazzeschi per trovare un ristorante decente, Petroz che chiede alla cameriera di un ristorante dove trovare un buon ristorante e questa che gli risponde e gli da indicazioni. Il fascino inconsapevole del Petroz (che lei credeva Tico). Poi basta. Ultime cartoline lasciate alla pensione e arrivo puntuale in areoporto e Petroz che litiga con il tipo che vuole 17$ di uscita dal paese. Speriamo in un buon viaggio di ritorno, e che il vecchio stia bene, ancora per un po'. Dimenticavo di Luca Monfardini che abbiamo conosciuto durante l'esibizione del mastro suonatore, che ci diceva della bellezza della Colombia, della gente, la musica, i colori, l'isola di Sant'Andrè. Aspettiamo l'Intercontinentale.

Nick


I numeri del viaggio:

3h e mezzo di taxi
4h di camioncino
9h di barca
36h di aereo
63h e mezzo di bus
70 km percorsi nella giungla in 3 giorni
Circa 1500$ tra viaggio e mese in Costa Rica tutto compreso

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