mercoledì 9 agosto 2023

Su per gli Appennini - Italia Coast to Coast in bicicletta

Campagna marchigiana, 21 luglio 2023, mezzogiorno circa

Giallo, marrone, azzurro. I colori dell'estate si estendono a perdita d'occhio sulle colline tra Osimo e Treia. Su queste terre massacrate dal sole che oggi infligge 39 gradi all'ombra non si muove anima viva.
In realtà, un occhio attento potrebbe notare una macchia di colore in questo bucolico paesaggio, un ciclista masochista intento a trascinare una bicicletta colorata e stracarica su per un ripido sterrato.
I copertoni scivolano sulla ghiaia, il cuore batte forte per lo sforzo, gocce di sudore cadono copiose come dal bucato appena steso, santi e madonne si sentono invocare fin nel più alto nei cieli.
Il nostro eroe si ferma dopo pochi metri, capochino, ansimando. Quali gloriosi pensieri animeranno la sua mente avventurosa?
Lo sguardo, piuttosto provato, cade sulla borraccia, ormai quasi vuota. Poi vaga all'orizzonte, cercando chissà cosa. Infine riparte, deciso, coprendo in alcuni minuti la distanza tra lui e l'ombra dell'unico albero in vista.
Crolla a terra sotto il velo amico delle foglie e nuove generose invocazioni che preferiamo non riportare. Un breve riposo è sufficiente a rimettere in funzione il cervello. L'analisi della situazione è chiara, per quanto molto insoddisfacente: che si vada avanti o indietro, non c'è verso di sfuggire a numerose ripide salite sotto la candela. Proprio in quel momento, mentre la mente cerca di volare in altri lidi, gli occhi incontrano un prezioso regalo tra le amate fronde: frutti! Gocce d'oro! Mature!
La bocca incontra il succoso nettare, più e più volte, fino a quando il corpo si sente rinvigorito, il cuore riconciliato con la Vita.




Agriturismo la Castagna, Fiuminata (MC), sabato 22 luglio

Terzo giorno di Coast to Coast. Finalmente un posto verde dove rilassarsi, addirittura con una piscina. Sono arrivato prima delle 13 tagliando le cime facendo la statale, comunque piuttosto panoramica.

E' stato un colpo di fulmine. Qualche mese fa ho trovato in libreria questo libro di Simone Frignani, "Italia Coast to Coast in bicicletta" e ho subito capito che non potevo non farlo.
Così ho cominciato ad affrontare le salite dei Colli Euganei per prepararmi. Superato il Roccolo in una giornata di gran caldo, mi sono sentito che potevo andare. Sono partito il 20 luglio alle 8:09 da Padova, io e la bici caricati su di un regionale.
Arrivato ad Ancona, ho cominciato a familiarizzare con il GPS. Anche se mi porta su delle salite gratuite che avrei evitato volentieri, la traccia mi mostra una splendida parte della città che ignoravo e ammetto che questo giro sposta significativamente la mia opinione sulla sua bellezza.
Uscito dal centro urbano cominciano le salite, anche piuttosto impegnative; ma c'è entusiasmo nel motore e si va.
Dopo forse un'oretta arrivo alla svolta di Portonovo. Potrei tirare dritto verso Osimo e risparmiarmi un bel pezzo di strada e di fatica; ma la vista è spettacolare, la voglia di fare il bagno anche.
So già che me ne pentirò: la strada scende di brutto serpeggiando nella pineta. Cerco di non pensare al ritorno e di godermi quella fantastica discesa ma non ci riesco del tutto. Ululo, per scaricare tutte le emozioni.
Vado fino in fondo seguendo il GPS, trovo una spiaggia organizzata, gonfia di ombrelloni fino a un metro dal mare. Cosa faccio con la bici e tutta la roba? La parcheggio alla bell'e meglio, mi porto i soldi, il telefono e vado in acqua così come sono, in mezzo ai ragazzi, giusto un paio di minuti per sciacquarmi via il sudore; ma è è stupendo. Fighissimo.
La salita è davvero ripida. Scendo e vado a piedi per la prima volta ma anche così non è affatto facile arrampicarsi. Il cuore mi batte all'impazzata. Il paesaggio è meraviglioso ma pensieri ansiosi mi assalgono, il dubbio che il fisico o la bici o le borse non reggano.
La strada sale e scende, mi prendo il mio tempo e mi avvicino alla meta. Invece il chilometro e mezzo di salita con il 25% di pendenza che sale a Osimo mi stronca. Solo le ultime forze mi permettono di arrivare al B&B La casa delle prugne.
Piazzo la tenda, doccia panoramica all'aperto che mi rinvigorisce e invito a cena Margherita, che ha una pizzeria gourmet a Bagnocavallo di Ravenna.

La mattina successiva il gallo mi aiuta ad alzarmi alle 5 e alle 6:50 sono in strada. E' la tappa più impegnativa, Osimo - San Severino Marche, 70 km per oltre 1100 metri di salita a 39 gradi.
Si inizia bene, con una lunga discesa su facili sterrati in mezzo a campi di girasoli. Poi i ricordi si fanno confusi: salite interminabili su sterrati massacrati dal sole e lontani dalla civiltà. Un albero di gocce d'oro. Una signora con un bambino che mi offre una bottiglia d'acqua.
In qualche modo arrivo a Treia verso le 13:30, mangio qualcosa a un ristorante in centro. Mi crolla la testa ma non riesco a dormire sulla panchina.
Telefono per prenotare il B&B e riparto nel caldo del pomeriggio. Faccio chilometri spingendo la bici con una fatica disumana. Arrivo a San Severino verso le 18 e mi fermo dal meccanico a far sistemare la bici. Mi cambiano l'olio dei freni e sistemano i raggi. La nota positiva è che mi prestano una bici elettrica per salire in paese. Ceno alle 2 Torri dove le ristoratrice mi informa che molti ciclisti hanno rinunciato al viaggio a causa delle fatica o del caldo. La notte al B&B Locanda dei Comencini è lunga con i suoi 31 gradi.
Stamttina mi sono fatto guidare da Google Maps, ho saltato una montagna (e quasi 10 km di salita su sterrato) passando dalla statale. I campi di girasole hanno lasciato spazio a fitti boschi, mi piace molto. Supero Pioraco e Fiuminata e mi sono arrampicato su fino a questo agriturismo immerso nel verde.
Adesso sto sorseggiando il rosso della Castagna: picchia! Oggi posso davvero dire che è cominciata la vacanza!




Domenica 23 luglio Fiuminata - Assisi

Mattina leggermente ansiosa. Alla fine la salita è lunga ma graduale. Seguo ancora Google Maps e vado per la statale, che comunque passa in mezzo al bosco ed è poco trafficata. Arrivo a Nocera Umbra verso le 11. In centro c'è una manifestazione di motociclisti, il cui senso profondo sembra quello di farsi delle foto con ragazze immagine poco vestite e nemmno così carine. Mangio il mio panino del giorno prima al parco, vicino a me gioca una bambina bionda di 3 anni che si chiama Nami.
Passo dal supermercato a comprare succo, frutta e dell'attak per i sandali che si sono aperti. Funziona perfettamente!
Riparto verso Assisi seguendo Google Maps e mi porta per una stradina nel bosco che segue un torrente d'acqua gelata. Non resisto e alla prima opportunità parcheggio e mi ci butto dentro: il paradiso del ciclista o, almeno, il mio.
Mi rimetto in pista ma mi accorgo che non c'è rete. Avevo staccato Maps per risparmiare batteria e ora non c'è verso di farlo ripartire. Al primo bivio mi rendo conto che non posso continuare alla cieca. Studio il GPS e scelgo una rotta che si avvicina a quella della traccia originale. Mi arrampico dubbioso su salite ripide, strette e paesaggi incantati. Spingo la bici a piedi, inoltrandomi nel bosco tra nugoli di farfalle. Finalmente inizia la discesa e mi butto giù a pesce, a volte lasciandomi andare, a volte con la mani violentemente attaccate ai freni. La via è entusiasmante, grido, canto, yu-huuu! E' una discesa mozzafiato, meravigliosa.
In fondo, Assisi è in vista.
Trovo posto all'Ostello Fontemaggio e mi regalo un giro turistico della città, per qualche motivo sempre emozionante, in particolare la chiesa di San Francesco. Mi godo il tramonto alla Rocca Maggiore e poi a cena. Faccio ancora fatica a mangiare ma sento che il giro di oggi ha cambiato tutto, sono molto più fiducioso.



Lunedì 24 luglio Assisi - Todi

Giornata difficile: salite ripide per Gualdo Cattaneo che mi costringono a piedi, sterrati sassosi e scivolosi e tanto caldo a 39°. La salita finale è meno peggio delle altre, la affronto tutta in sella ma con gran fatica.
Il corpo mi dice che è il momento di fare una pausa.
Mi fanno male le palle e i muscoli delle gambe sono indolenziti, forse serve più potassio e magnesio. Mi sistemo, mangio frutta, prosciutto e gelato e svengo sul letto.
Poi, sospinto dal senso di libertà che sento, chiamo amici che non sento da anni. Racconto del viaggio, della scuola, mi riportano all'esperienza del viaggio sciamanico dove o ti trasformi o muori. Infine mi arriva un invito in Liguria.
Ceno a cinghiale e vino. Domani pausa, riposo, progetti. Massaggi?



Martedì 25 luglio Todi

Guardo il crepuscolo di Todi da Parco Oberdan.
C'è una brezza piacevole. Ha rinfrescato, pure troppo, considerando che mi sono impongato per essere carico domani.
Stamattina ho fatto vedere la bici da Tuder Bike e con 10 € me l'ha messa in bolla. Sono contento, perché sapere che la bici è a posto, soprattutto sulle discese, mi dà una certa serenità e mi permette di godermi la festa di questo viaggio.
Poi ho organizzato un massaggio alla Fisioterapia Palomba. Per 40 € mi hanno fatto davvero un bel lavoro, specie sulla contrattura del polpaccio destro e sul quadricipite sinistro affaticato. Aldilà dell'aspetto professionale è stato un'esperienza davvero gratificante dal lato umano. La ciliegina sulla torta è la maglietta azzurra che mi regalano e mi sta perfettamente.
Al ritorno la scelta è tra aspettare un'ora il bus o tornare a piedi. Ovviamente m'incammino. Piove, anche bene a tratti.
Il salitone forse compromette l'effetto massaggio. Speriamo di no.
Gelato, doccia, riposo, cena, messaggi, esplorazione, tramonto. C'è ventone adesso.



Mercoledì 26 luglio Todi - Orvieto

Giornata fresca e fa la differenza. I primi 20 km di salita si va su serenamente tanto che ipotizzo di arrivare a mezzogiorno. Mi fermo a Marre a mangiare e a chiacchierare con i due ciclisti di Vicenza. Hanno bici serie, tre piccole borse e B&B prenotati da due mesi, per cui le loro prenotazioni si sovrappongono alle mie.
La discesa è splendida ma troppo breve. Seguo il lago poi ho la fregatura della strada interrota causa rally. Torno indietro e mi trovo sulla statale con i camion che sfrecciano e mi fanno il pelo.
Tiro come un dannato per togliermi dalla situazione e anche perché la strada lo permette.
Arrivo a Orvieto bassa, mi fermo giusto alla trattoria prima della funicolare, che avrei perso se avessi seguito GMaps.
Appuntamento in centro con Giulia con l'appartamento de Luxe che non so ancora quanto costa. Solito svenimento, lavaggio vestiti, giro per Orvieto fino al Pozzo di San Patrizio.



Giovedì 27 luglio Orvieto - San Quirico

La giornata parte male con una brutta salita ripida pure in mezzo alla vegetazione che mi fa tirare giù le stelle. Poi la strada procede bene.
Inizia una discesa spettacolare fino a Bolsena. Cerco di schivare gli sterrati aggiungendo qualche chilometro di asfalto e mi muovo nella campagna, tra nuvole bianche, cipressi, campi dorati e boschi.
Alle Grotte di Castro incontro i vicentini e mi fermo con loro per un'ora e mezza. Ripartiamo tutti insieme, senza che io sia riuscito a trovare un letto a Sorano. Proseguo schivando gli sterrati e durante una pausetta a Onano, trovo posto a San Quirico, all'Albergo Ristorante Agnelli.
Nonostante il carico e la mia bici da città ci arrivo prima dei vicentini. Li saluto un'ultima volta e salgo in camera a svenire sul letto.
La sera scende una piacevolissima frescura. Trovo curioso che proprio il giorno che non trovo posto dove mi aspettavo faccio la cena migliore da quando sono partito.
Poi esco a guardare il paese: mi entusiasma questa miscela di bellezza, eccellenza, povertà, abbandono. Una gatta allatta i cuccioli in mezzo alla strada. E' la verità della vita così come è, con tutte le sue contraddizioni.
Mi viene in mente la storia di Coelho, del giro del palazzo con il cucchiaio d'olio in mano.



Venerdì 28 luglio San Quirico - Manciano

Giornata impegnativa: tanta salita per schivare gli sterrati. La mattinata è nuvolosa poi il cielo si apre. Posti spettacolari come Sovana.
Messaggi dalla Liguria che danno il via libera, ma solo per poco.
Belle le Terme di Saturnia, ci passo un'oretta e mi fa sentire meglio.
Salitone finale con tappa panino alla finocchiona memorabile e gambe che prima nicchiano e poi vanno.
Trovo da dormire da Florenzio, una casa privata a Manciano, dove faccio in tempo a lavarmi prima di svenire a letto.
Vado verso il paese, prendo una fetta d'anguria al supermercato e la mangio nel parcheggio. Giro per il centro e mi sento incredibilmente sereno, sicuro, tranquillo, spero di ricordare questa sensazione a lungo, magari per sempre.



Sabato 29 luglio Manciano - Orbetello - Carasco

Sveglia presto e alle 7:30 sono già in strada. Aggiro ancora lo sterrato, chissà se guadagnando qualcosa o no. La prevalenza della discesa aiuta ma la stanchezza si fa sentire, soffro le salite. Oltre alla stanchezza fisica c'è anche quella mentale. Ho pagato un prezzo troppo alto e ora ho bisogno di tempo prima che ritorni la voglia.
D'altra parte sui saliscendi la maggior parte del tempo si passa sulla salita, dato che si va nettamente più piano che in discesa.
Da lontano comincio a vedere il mare ed è una bella carica. Supero Capalbio e arrivo alla Riserva naturale Duna Feniglia, una pineta spettacolare lunga forse una dozzina di chilometri, accessibile solo a piedi o in bici, da cui si può giungere a spiagge selvagge e isolate. Una meravglia!
Faccio il bagnetto, poi pedalo fino a Orbetello, il termine ufficiale della traccia del Coast to Coast. Mi concedo una insalatona e vado in stazione per prendere un regionale che mi porti a Nord. Raggiungo Pisa, poi La Spezia, infine Chiavari verso le 19, dopo aver imprecato sugli scalini delle stazioni liguri.
I primi campeggi che sento sono tutti pieni e sale un filo d'ansia. Al Camping Paradiso di Carasco invece posto ce n'è. Ci sono alcuni chilometri da fare ma sto bene, la temperatura è buona: accendo GMpas e mi lascio guidare dalla sua voce ormai familiare. Seguo la ciclabile del Tella fino in fondo a una valle verde e fresca e trovo il campeggio. Pianto la tenda, sciacquo i vestiti, mangio i resti del cibo, due prugne e il panino della mattina.
Il cielo è nuvoloso, vado alla reception a chiacchierare, capire il posto, mangiare un gelato. Osservo, ascolto, racconto. Mi assicurano che non pioverà, perché le nuvole non vengono dal mare.
Verso le 22 parte la musica, ho beccato proprio il giorno giusto. In questo luogo di famiglie i bambini sono i primi a scendere in pista. Nemmeno io riesco a resistere a lungo e seguo il flusso con piacere. Mi scateno fino quasi a mezzanotte poi vado verso il lettone. La combo materassini (3) e sacco a pelo è decente, parto subito.
Fino alla pioggia: le gocce cadono pesanti sulla tenda, una alla volta; poi sempre più forte, inizio a preoccuparmi della tenuta delle cuciture ma la tenda tiene e giustifica la spesa fatta, passerò tutta la notte all'asciutto.
Verso le 4:30 inizia a farsi sentire il gallo; un'ora dopo gli uccellini. E' un lento fantasmagorico dormiveglia. Alle 7 partono le campane ma gli occhietti restano chiusi fino alle 7:30.
Esco in una mattina umida e nuvolosa. Uso il costume per asciugare la tenda e funziona bene. Alle 9:30 ci sono gli amici ad aspettarmi fuori.



Domenica 30 luglio Carasco - Cogorno - Chiavari e dintorni

Ci muoviamo su strade strette e ripide fino a Cogorno, in questa casa di pietra, legno, natura e ricordi, dove il tempo sembra più lento e più intenso.
Scendiamo al mare rischiando la vita (soprattutto degli altri) a ogni curva, andando verso est, dove la natura è più selvaggia e Fincantieri costruisce le sue barche.
C'è vento, sole, nuvole, una spiaggia stretta di sassi che scende subito profondamente. Ci sono rocce mezze in ombra, bagnate dalle onde.
Questo mare e queste rocce, l'asprezza e la bellezza, mi riportano continuamente a Tenerife.
Gioco con le onde, come una volta, mangiamo focaccia pasqualina e acciughe fritte. Riposo pomeridiano, passeggiata sulle colline, cena con focaccia.



Martedì 1 agosto Carasco - Padova

Giornata tranquilla. Colazione a Cogorno, mare a Chiavari. Giro in centro, gelato, focaccia, pranzo a Cogorno sotto la vigna.
Ho conosciuto un'insegnante che, oltre a matematica, fa i cerchi sacri con i ragazzi delle medie. Ricca esperienza.
Il tardo pomeriggio siamo alla bocciofila, bagno, troppo spritz, chiacchiere. Cena a Lavagna, incontri, saluti, abbracci.
Torno in campeggio troppo tardi per pagare, dovrò aspettare le 8 del mattino e riconfigurare tutto il viaggio.
Riprendo un'ultima volta la ciclabile del Tella fino alla stazione di Lavagna dove nemmeno un regionale ha il trasporto bici. Volo alla stazione di Chiavari dove trovo un unico treno, un intercity dove, per arrampicarmi sugli scalini altissimi e la porta stretta con la bici in spalla, per poco non faccio una spiacevole caduta.
Tra le maledizioni un unico turista inglese viene ad aiutarmi ad alzare la bici e a sistemarla sul gancio. Cambio a La Spezia, Parma, Bologna, eccomi una ennesima volta a Padova.
Pedalo verso casa, felice di avercela fatta. I primi giorni di questa avventura ho davvero toccato il limite delle mie forze e mi sento fortunato e grato al mio corpo e al mio spirito per avermi sostenuto per tutto il tempo in cui c'è stato bisogno. Non è stato poco, non era scontato. La prossima volta studierò meglio le mappe. Sono qui, ancora una volta.

giovedì 15 novembre 2018

Quattro chiacchiere sul (l'Arte del) Processo

Il ProcessWork o Arte del Processo è un approccio multiculturale, multilivello, basato sui canali sensoriali (cinestetico, uditivo, visivo, propriocettivo, la relazione e il mondo), che ha come obiettivo la consapevolezza e supporta gli individui e le organizzazioni; ma, esattamente, che cosa intendiamo quando parliamo di processo ?



Nella Psicologia Orientata al Processo il Processo è definito come il costante flusso di informazioni. È qualsiasi cosa che sta accadendo nel momento presente di cui siamo in grado di riconoscere il contesto.
Facciamo qualche esempio: può essere qualcosa di molto veloce come un flirt, l'attrazione improvvisa per una persona, un particolare che ci attrae, un oggetto che attira la nostra attenzione, un'intuizione improvvisa, un sogno notturno.
Considerando un arco di tempo più lungo, un processo potrebbe essere la relazione con un collega di lavoro, il mio percorso professionale, una dinamica familiare, la storia di un'associazione. Ci sono processi a breve termine e processi a lungo termine, alcuni lunghi una vita intera, come la storia di una persona, altri ancora più lunghi, come il razzismo, la relazione tra uomo e donna e la relazione tra esseri umani e l'ambiente.
I processi a breve termine si inseriscono all'interno dei processi a lungo termine. Per esempio la relazione tra me e la mia compagna si inserisce nel processo più grande della relazione tra uomini e donne. Non si può lavorare a fondo sul primo senza aver preso in considerazione anche l'altro.
Le domande che ci si pone possono essere: Cosa sta cercando di emergere in questo momento ? Cosa stiamo scoprendo ? Quali sono le dinamiche in gioco ?

Il Mito della Vita è uno strumento che permette di lavorare sul processo della vita di un individuo. Eventi come il Worldwork permettono di lavorare su problemi e processi globali a lungo o lunghissimo termine. Sono pertanto strumenti molto importanti perché cambiamenti sui processi a lungo termine hanno un impatto imprevedibilmente significativo sulla nostra vita e quella della comunità in cui viviamo.

Il Processwork è ricco di concetti che ci aiutano a comprendere e a navigare nei gruppi come anche nella nostra vita personale. Uno di questi concetti fondamentali è la distinzione tra Processo Primario e Secondario.



Usando la metafora dell'iceberg per spiegare questa distinzione, potrei dire che il Processo Primario è la parte dell'iceberg che vedo e quindi conosco di più, la parte che legittimo, che accetto e con quale riesco a identificarmi.
Vedo la parte emersa dei ghiaccio e il sistema associativo della mia mente mi permetti di riconoscervi un iceberg; ma cosa so della parte nascosta dalla superficie dell'acqua ?
Tutto quello di cui conosciamo poco o nulla, che ci sfida, ci spaventa o ci disturba, e comunque non accettiamo, è la parte Secondaria di un Processo. Questa parte, poco visibile ma presente, ha una forte influenza su ciò che accade, creando ostacoli e conflitti che non si riesce a superare fino a che non si è disposti ad immergersi e a conoscere l'altra parte.
A livello di società potremmo dire, per esempio, che i valori e il punto di vista dell'uomo bianco sono primari, mentre i valori e i punti di vista delle donne, degli indigeni e delle minoranze, sono secondari. A livello individuale - in generale - essere puliti e ben organizzati è primario, essere pigri e confusi è secondario.
La tendenza naturale è di assecondare il Processo Primario e di marginalizzare quello Secondario che, proprio per questo, tende a sfidarci o disturbarci. Un obiettivo chiave del Processwork è quello di aiutare gli individui e i gruppi ad essere più consapevoli dei loro Processi Secondari.



Ogni processo attraversa quattro fasi alla fine delle quali una nuova consapevolezza che permette il processo di evolvere a un nuovo livello di coscienza, come ho raccontato in questo post.



Per esempio posso essere molto infastidito da un certo comportamento di un mio collega di lavoro. Se supero la fase conflittuale e riesco, con sincera curiosità ed empatia, a esplorare e comprendere cosa mi infastidisce dall'altra parte, otterrò una nuova consapevolezza. A quel punto potrei continuare a essere infastidito da quel comportamento oppure no ma, certamente, la relazione con quella persona non sarà più la stessa. In qualche modo evolverà e il Processo ricomincerà dalla fase 1, a un livello più alto di consapevolezza. Pertanto forse l'immagine di una spirale che attraversa circolarmente le varie fasi e poi sale a un livello più alto è più adatta a rappresentare questo processo.


La strategia di fondo del ProcessWork è quindi quella di esplorare ciò che percepiamo come altro da noi (secondario) per poi integrarlo con la parte con cui ci identifichiamo (primaria), ottenendo una consapevolezza più ampia e profonda di ciò che sta accadendo (il processo). Si presta pertanto ad essere utilizzato negli ambiti più diversi e in particolare nella Trasformazione dei Conflitti.

giovedì 20 settembre 2018

Le 4 fasi del conflitto nell'Arte del Processo

Come cambiano le stagioni, anche un individuo, una coppia, una famiglia, un'organizzazione, attraversano varie fasi. Per un facilitatore, la consapevolezza della fase del conflitto in cui si trova l'individuo o l'organizzazione che intende facilitare è cruciale, perché lo aiuta a valutare dove si trova il suo cliente e gli dà una direzione su come intervenire.

Nel suo libro "Conflict: Phases, Forums, and Solutions" Arnold Mindell descrive quali sono le fasi di un conflitto e quali sono le caratteristiche per poterle riconoscere. Ecco le tipiche fasi:

Fase 1: può essere riassunta con un "Divertiamoci!". In questo periodo ci divertiamo e non prestiamo attenzione ai problemi. La concentrazione su sé stessi è una caratteristica di questa fase. Cerchiamo divertimento o attenzione dagli altri e marginalizziamo emozioni negative o problemi esterni.

Fase 2: è caratterizzata da tensione e conflitto, come un problema che non può essere più marginalizzato. Siamo arrabbiati o spaventati dal problema (X) e cerchiamo di combatterlo o di evitarlo. I tipici passi di un processo di gruppo sono importanti specialmente in questa fase.

Fase 3: è un periodo in cui avviene lo scambio di ruolo. In questa fase la nostra relazione con X (la cosa che ci disturba) cambia. Cominciamo ad aprirci all'altra parte, siamo capaci di immaginare o sentire come l'altro e vediamo l'altro come un aspetto di noi stessi.

Fase 4: in questa fase siamo rilassati e distaccati sia da u (la nostra identità) sia da X (la cosa che ci disturba). Siamo capaci di percepire e seguire come il nostro Sé profondo o la Mente del Processo ci muove. La fase 4 ci dà anche una panoramica distaccata e compassionevole di come tutte le fasi cambiano, inclusa la stessa fase 4! Spesso ci muoviamo a fase 1 dopo essere stati in fase 4.

mercoledì 19 settembre 2018

L'intelligenza artificiale e il Mito della Genesi

Che cosa hanno in comune l'intelligenza artificiale (IA) e il mito della Genesi ?
Qualche giorno fa ha attirato la mia attenzione un articolo che commenta i risultati di uno studio cinese sugli effetti dello sviluppo e dell'utilizzo dell'IA in Cina. Si prevede la perdita di 50 milioni di posti di lavoro nei prossimi 15 anni nell'ipotesi migliore. Secondo lo studio, entro il 2030, l’automazione – innescata da un più pervasivo impiego dell’IA – sostituirà un quinto delle posizioni nell’industria manifatturiera. Quasi 100 milioni di lavoratori saranno costretti a cambiare professione nel caso in cui il processo di conversione alle macchine dovesse procedere a un passo più sostenuto. Le ultime proiezioni sembrano tuttavia andare oltre, arrivando a minacciare anche le mansioni ripetitive dei colletti bianchi: entro il 2027, mentre il settore finanziario cinese impiegherà 9,93 milioni di persone, l'automazione porterà una sforbiciata del 22% dei posti di lavoro in banca, del 25% nel mercato assicurativo e del 16% nel mercato dei capitali. Al contempo, le ore di lavoro per il personale fisico subiranno una riduzione del 27%.

Che ci piaccia o no l'IA sarà qualcosa sempre più presente nelle nostre vite quotidiane che sicuramente cambierà il nostro modo di vivere, lavorare e forse anche quello di pensare. Nell'altro mio articolo commentavo le riflessioni di alcune elementi brillanti della nostra epoca sui rischi dello sviluppo incontrollato delle IA. Rischi che non riguardano solo il tema del lavoro ma anche quello del predominio su questo pianeta.

Da un punto di vista simbolico l'intelligenza artificiale rappresenta il desiderio dell'essere umano di espandere all'infinito il suo potere e la sua conoscenza ovvero il desiderio di diventare come Dio. E qui arrivo al mito della Genesi, dove il serpente suggerisce ad Eva di mangiare il frutto dell'albero del bene e del male e di diventare come Dio.
Sappiamo tutti com'è finita, Dio scopre il misfatto e caccia l'uomo e la donna fuori dal paradiso terrestre. Sempre nella Genesi (Gen. 11, 1-9) troviamo l'episodio della Torre di Babele. Ancora una volta gli esseri umani cercano di arrivare fino a Dio costruendo una torre talmente alta che tocchi il cielo e ancora una volta Dio reagisce, facendo in modo che gli uomini, che prima parlavano una sola stessa lingua, parlassero tante lingue diverse e non potessero più comprendersi e completare la costruzione della Torre.



Lungi da me l'intenzione di dare una interpretazione religiosa di questi miti. I miti ci aiutano a comprendere l'essenza di una data cultura. Sono insegnamenti profondi che hanno a che fare con le sfide fondamentali della nostra vita. In questo caso l'insegnamento è chiaro: ogni volta che l'essere umano supera troppo i propri limiti va incontro ad un disastro. Penso anche ad Icaro le cui ali di cera si sono sciolte con il calore del sole.
Un altro mito che ci viene dalla Bibbia è quello del Popolo Eletto. Nel libro dell'Esodo Dio esprime esplicitamente la sua predilezione per il popolo ebraico. Implicitamente anche nel mito della creazione il fatto che Dio crei l'uomo a sua immagine e somiglianza e metta l'Eden a sua disposizione esprime una evidente predilezione per la razza umana. Questa credenza è patrimonio di molto culture e, alimentata dalle religioni, è stata concausa e giustificazione di molti comportamenti razzisti, nazisti, fascisti, colonialisti, sessisti. Oggi questa credenza ha una influenza, anche, su come vengono trattati gli animali e la natura e sulle aspettative che molti hanno sull'IA. Molte persone danno per scontato che l'essere umano abbia il controllo - per mandato divino - di questo pianeta e di quello che accadrà e che, se in un dato momento prenderà vita una IA autocosciente, questa sarà al puro servizio dell'essere umano.
La realtà è che l'uomo è una specie dominante sulla terra da pochissimo tempo, nella prospettiva delle Terra. I dinosauri l'hanno dominata per milioni di anni e poi sono scomparsi. Forse anche il dominio umano sta per terminare ?

I cambiamenti climatici, i comportamenti razzisti, la distribuzione iniqua della ricchezza, i rischi connessi a uno sviluppo incontrollato dell'IA, non sono scollegati tra loro. Tutti questi problemi hanno a che fare con l'ignorare, consapevolmente o meno, il fatto che facciamo parte di un sistema più grande di noi e che cercare di accumulare risorse senza preoccuparsi delle conseguenze di ciò che facciamo può avere effetti disastrosi. Non è una questione morale, è una questione fisica. Un sistema tende a rimanere in equilibrio e pertanto ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Come spiega bene Otto Scharmer nel suo ultimo libro sulla Teoria U, c'è un disaccoppiamento tra la struttura della Realtà Sociale e la struttura del Pensiero Economico con cui ragioniamo.


La razza umana non è il Popolo Eletto. E' una parte importante di un Sistema più grande in cui o impara ad agire in armonia con il Sistema o il Sistema troverà un nuovo equilibrio.

sabato 4 agosto 2018

Su razzismo e antirazzismo

Recentemente ho visto un bellissimo film. Si chiama il "diritto di contare". Racconta la storia di tre giovani ragazze di colore che negli anni 60 sono riuscite a superare i pregiudizi razziali e sessisti e ad avere un ruolo da protagoniste nella storia dei viaggi spaziali americani.
E' l'epoca di Martin Luther King, John Kennedy, Malcolm X. L'epoca in cui per le persone di colore c'erano posti riservati negli autobus, c'erano bagni riservati, uffici riservati. E' un'esperienza che ci sembra lontanissima, eppure non sono passati ancora 60 anni. Ci sembra lontanissima quell'esperienza perché le sofferenze e le lotte di quegli anni non sono state inutili. Qualcosa è cambiato a livello collettivo. Oggi, l'idea che una persona possa essere considerata inferiore per via del colore della sua pelle o a causa del suo genere è, collettivamente, ritenuta sbagliata. Naturalmente continuano a verificarsi episodi di razzismo o di sessismo. Lo vediamo tutti i giorni, nella politica, nel lavoro, nelle relazioni. Siamo in grado di vederlo perché oggi c'è più sensibilità su questo tema, siamo, collettivamente, più consapevoli rispetto a 60 anni fa. È un processo che si deve completare. Abbiamo fatto molti passi avanti, dobbiamo farne ancora.

Viviamo un momento storico, in Italia, di fenomeni di contrapposizione definiti, per esempio, di razzismo e di antirazzismo. Sì compara questa epoca storica con altre epoche storiche ignorando tutto quello che c'è stato in mezzo, i passi in avanti che sono stati fatti, la sensibilità e la consapevolezza che, collettivamente, l'umanità ha acquisito grazie alle lotte e alle sofferenze che ci sono state nelle ultime decine di anni.
Abbiamo di fronte a noi problemi che richiedono soluzioni complesse ma la gestione della complessità è qualcosa che ci infastidisce nell'attuale contesto tecnologico di necessità di soddisfazione immediata dei bisogni. Abbiamo troppe cose a cui prestare attenzione, a cui pensare. Abbiamo bisogno di soluzioni semplici, di slogan che fanno capire che parte stiamo e chi sta sbagliando: gli altri, ovviamente.
E' un meccanismo che serve ad allontanare il disagio che sentiamo di fronte a questi problemi. Naturalmente questo meccanismo i problemi non li risolve però, per un po', ci sentiamo meglio.
Collettivamente, abbiamo altri passi da fare. Abbiamo bisogno di eroi capaci di guardare il disagio che hanno dentro senza proiettarlo sull'altro, capaci di accettare che anche nell'altro c'è una parte, per quanto piccola, di ragione.
Eroi capaci di ascoltare tutte le voci e di aiutare le persone a trovare soluzioni condivise a problemi complessi.


lunedì 2 luglio 2018

Il Mito della Vita nell'Arte del Processo

Il Mito della Vita è usato nell'Arte del Processo per dare una struttura che permetta di capire chi siamo e chi stiamo cercando di diventare.
Come leader nelle organizzazioni una maggiore consapevolezza del nostro scopo più profondo può aiutarci a capire il significato che si nasconde dietro le sfide che stiamo vivendo.

Il termine Mito della Vita è stato coniato da Jung per descrivere tutte le varie tendenze e influenze a lungo termine che insieme intrecciano la trama unica della vita di ogni individuo. Alcune di queste tendenze appartengono alla natura innata della persona mentre altre sono legate ai contesti culturali e familiari, al background storico e alle esperienze personali. È ciò che ti rende unico e diverso da ogni altra persona. In questo modo ognuno di noi ha le proprie sfide e i propri talenti. Ognuno di noi incontrerà le sfide della vita nel nostro modo unico.
Questa idea di avere un principio di organizzazione di fondo appare anche nella cultura "aborigena", dove la persona viene a volte indicata come una canzone dei sogni. "La vita è un tempo in cui la persona può cantare la sua canzone e vivere il suo sogno. L'espressione di quella canzone dà un senso alla propria vita e alla propria comunità." Mudroororoo (1994, p.64)

Jung notò nel suo lavoro che c'è una tendenza nella vita di ogni persona a rivisitare certi archetipi / figure nelle nostre vite e nei nostri sogni. Un modo per scoprire il nostro mito della vita è concentrarsi sui nostri primi sogni o ricordi d'infanzia. Ci sono alcune tendenze e modelli che si ripetono continuamente. Ed è ancora attraverso i nostri ripetuti incontri con questi modelli che possiamo crescere, svilupparci e connetterci con il nostro potenziale creativo.

Quindi il concetto del mito della vita è che c'è un progetto di base o un processo di sogno che modella le nostre vite. In un certo senso ci sono strutture che sono fatti immutabili, per esempio, dove siamo nati, cosa ci è successo nei primi anni della nostra vita, certi tratti innati della personalità, ecc.; ma pensare a questi come puramente deterministici è troppo limitante. Siamo esseri sognanti, fantasiosi e creativi in ​​grado di prendere in mano il nostro destino e usarlo come una tela su cui dipingere un quadro meraviglioso. Attraverso l'impegno attivo con il modello nella nostra vita diventano poteri che possiamo imparare a usare in modo creativo. Baker ed Edmunds (2009)

Questa è l'idea del mito della vita. Se diventiamo consapevoli delle influenze chiave e delle difficoltà che emergono continuamente nelle nostre vite, possiamo sfruttare consapevolmente quei poteri per la nostra crescita e lo sviluppo piuttosto che sentirci in balia di loro. L'Arte del Processo ha una quantità di metodi e tecniche per scoprire e dispiegare il suo significato e scopo. Come leader è utile per noi sapere quali sono i nostri modelli di base, qual è il nostro sogno più profondo e dove diventa evidente nella vita professionale. [*]

[*] Traduzione italiana di "Spirituality, leadership and management, seventh national conference proceedings: leadership for the merging world / Glenn Martin, Claire Jankelson, editors, p.122"



I miti presentano storie di dei, eroi leggendari, esseri con qualità o poteri speciali. Alcuni di essi raccontano la storia della creazione del mondo e dell'essere umano. Raccontano la storia dall'inizio dei tempi. Non abbiamo miti che stanno guidando la nostra vita ora. Nel suo saggio, Miti per Vivere, Joseph Campbell analizza e spiega l'origine e la funzione che miti e leggende hanno e hanno avuto presso i diversi popoli. Essi ci mostrano modalità di trattare con le differenti fasi ed aspetti dei nostri conflitti interiori ed esteriori, incluse le sfide fondamentali della vita. Il mito ha a che fare con l'energia base della nostra vita. Pensando alla vita come un viaggio mitologico è più facile comprenderne il significato. Come mi giudico da un punto di vista "mitico" ? I miti sono collegati a una data cultura, servono come radici o base per lo sviluppo culturale e ci aiutano a toccare l'essenza della vita.
Le fiabe sono meno locali in termini di cultura. Possiamo trovare gli stessi temi in tutto il mondo. L'analista Junghiana Marie Luise Von Franz, specializzata nell'interpretazione di fiabe scrive che le fiabe trattano di una sola cosa: il viaggio verso il Sé.

Il Mito della Vita si riferisce ad esperienze psicologiche di base che affronteremo nel corso della vita. E' un modello "compresso" che comprende alcune energie o qualità di base che siamo tenuti a sperimentare, esprimere o trasformare. Un modo per esplorare il Mito della Vita è lavorare con il primo sogno o memoria o fantasia di bambino. Un altro modo sono i sintomi cronici. I sintomi non sono solo individuali, non ne siamo responsabili, non siamo colpevoli. Il corpo ci parla, molti sintomi e limiti appartengono alla cultura.

Anche le dipendenze possono darci informazioni sul Mito della Vita. Alcune sono orribili ma la nostra psiche non è stupida. Con la dipendenza stiamo cercando un certo stato di coscienza, ci arriviamo quasi ma non esattamente. Non riusciamo a utilizzare questo stato e ci proviamo, perché ci eravamo quasi.

Ripetute difficoltà nelle relazioni. Le persone che incontriamo portano con sé l'energia che non sappiamo come utilizzare. Se, per esempio, le persone non rispettano i miei limiti, può essere parte del mito della vita.

Un elemento importante in questo contesto è il concetto di Alleato.
L'alleato è qualcosa che è al tuo fianco e ti aiuta. Nelle favole, quando il protagonista sembra stia per soccombere, qualcosa appare e cambia le sorti dell'eroe. Qual è il tuo alleato nei momenti in cui tutto sembra andare male?
Nella tradizione sciamanica, così come ci viene raccontata da Carlos Castaneda, l'alleato è invece qualcosa di molto diverso, di molto pericoloso. È un potere che aspetta e minaccia il guerriero nel posto dove si sta da soli, nel momento di difficoltà. Attraverso il confronto con questo potere, il guerriero acquisisce parte di questo potere e, a quel punto, diventa il suo più grande alleato. Possiamo trovare questo potere nei momenti più difficili della vita.
Attenzione a dire che tutto ciò che ci accade è buono, ed è importante dire no a questi eventi, dal punto di vista etico, sociale. Quando sono pronto ad affrontare esperienze traumatiche, allora posso affrontarle ed apprendere. È una scelta decidere che un evento può essere un alleato oppure no. Un evento può avere entrambi i lati, il lato terribile ma anche essere un alleato.

Nell'Arte del Processo scopriamo il Mito della Vita lavorando su:

  • sogni dell'infanzia
  • primissimi ricordi
  • sintomi cronici
  • dipendenze
  • situazioni di pericolo di vita
  • relazioni importanti
  • un "Alleato"
  • crescita personale continua
  • polarità dalla prospettiva della Mente del Processo


Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita Dettaglio del fumetto sul mio Mito della Vita.

domenica 25 febbraio 2018

Le figure di sogno nella Psicologia orientata al Processo

di Sonja Straub, estratto da Stalking Your Inner Critic, traduzione di Nicola Bertin.

Un modo di comprendere e spiegare la psiche e il comportamento nella Psicologia orientata al Processo è dividerli nelle loro parti temporanee e personalizzare le parti come figure di sogno diverse.
Una figura di sogno è la personificazione di un pezzo di informazione o modello che compare con una personalità. Questi pezzi possono essere modelli o processi dinamici come sensazioni, desideri, resistenze, fantasie ecc [...]
Le figure di sogno sono manifestazioni momentanee nel tempo. Appaiono e nel farlo cambiano già le loro qualità e caratteristiche. Le figure di sogno hanno la loro propria psicologia e potenziale da crescere e sviluppare. Non solo l’intera persona ma anche le sue parti sono in processo continuo di cambiamento e sviluppo e deve essere visto come dinamico piuttosto che statico. L’unico modo di comprendere l’individuo è dinamico e limitato a uno specifico punto nel tempo. Descrive la configurazione momentanea della consapevolezza piuttosto che cercare cause nel passato o motivazioni intrapsichiche del comportamento. L’informazione importante è la configurazione presente della figura di sogno. Questa prospettiva rende relativi, se non inutili, termini come salutare e malato e in qualche modo esclude la diagnosi che va oltre la situazione momentanea. Le dinamiche delle esperienze personali sono incluse o si specchiano nel concetto di una persona come di un gruppo di diverse figure di sogno.

FIGURE DI SOGNO E LORO RELAZIONE CON L’INTERO
Al fine di spiegare la relazione dell’individuo con la figura di sogno userò l’analogia del teatro. L'individuo è l’intero, includendo il direttore, l’attore e tutto il cast che interpreta sé stesso. Le diverse figure di sogno incarnano aspetti dell’intero e hanno alcune qualità e caratteristiche di personalità separate. Hanno le loro caratteristiche e credenze, le loro preferenze e avversioni, la loro storia individuale e comportamento e una psicologia separata. Possono cambiare, crescere e trasformarsi come una persona o un personaggio in un’opera teatrale.
L’individuo non è semplicemente una persona coerente ma un gruppo intero di differenti personalità, un entourage. La personalità è come un grande assemblaggio. Questo significa che quando parliamo con qualcuno non parliamo semplicemente con una persona ma qualche volta parliamo con un intero gruppo di persone. Dicendo qualcosa a una figura di sogno possiamo irritare o lasciare fuori un'altra. O la persona può avere l'esperienza di sentirsi divisa; una parte sta facendo qualcosa con cui le altre parti non sono d’accordo.
Diamond confronta la figura di sogno e la sua relazione con l’intero con la struttura di una frase: “Una figura di sogno sta all'informazione intera come un morfema sta alla frase: il più piccolo elemento che contiene ancora significato.” (subm. manuscript, p.26)
Questo significa anche che le singole figure non hanno molto senso da loro stesse. Possono solo essere comprese e scoperto il loro intero potenziale all'interno del loro ambiente, comprese le relazioni con le altre parti. Spesso le figure di sogno sono in relazione complementare, o in reazione a un’altra. Per esempio, se c’è un bambino, spesso c’è anche una madre intorno, e se c'è un critico deve anche esserci da qualche parte una vittima o la figura criticata.